Se il medico di famiglia va in pensione…

Ci sono delle scadenze che si spera fino all’ultimo che non siano reali e che possano essere ulteriormente rinviate, magari sine die…Avevo confidato in questa possibilità fin da quando, con qualche mese di anticipo, era comparso l’avviso in bacheca nello studio del mio medico di base, il dottor Giorgio Mattera. Quella data, 26 agosto, aveva avuto la capacità di mettere in crisi parecchie persone. «Hai saputo del dottore? Va in pensione a fine agosto. Che guaio, e mo come si fa?». Già, come si fa? Perché, è vero, i medici di base sono una specie ormai rara e ad alto rischio, viste le “strategie” scellerate che hanno governato negli ultimi anni la sanità italiana, compresa la programmazione del fabbisogno di specialisti da inserire nella medicina territoriale. Ma, nello specifico, la questione è ancora più seria ed è quella la considerazione sottintesa in tutti i “mo come si fa” raccolti e rilanciati. Perché un medico di riferimento si deve e si povrà trovare, l’Asl dovrà provvedere, ma poter contare ancora su il medico è tutta un’altra cosa.

La definizione è datata e neppure più prevista a livello burocratico, sacrificata alla spersonalizzazione ormai imperante, ma è l’unica calzante davvero per il dottor Giorgio: medico di famiglia. Quello che ti segue davvero nel tempo, che sa tutto non solo di uno, ma di tutti i componenti della famiglia, patologie, fattori di rischio, condizioni fisiche e pure psichiche, caratteristiche fisiologiche e tratti caratteriali. Quello che è riferimento di più di una generazione e che ti ha visto passare dalla salute della giovinezza ai primi acciacchi dell’età e che, perciò, ha il potere di ricordarti che il tempo è passato senza offenderti, anzi rassicurandoti sulla naturalezza della situazione. Quello che, nel mio caso, ha accompagnato i vecchi nell’ultimo tratto del loro cammino, con la perizia e la scienza del professionista, ma, soprattutto, con la coscienza e la sensibilità dell’uomo, anzi della persona di famiglia.

Ne era stato perfettamente consapevole papà. Sia quando lo aveva scelto come medico, dopo averlo osservato e apprezzato nel seguire amici cari che erano già suoi assistiti. Sia quando aveva cominciato, con i suoi tanti problemi e l’avanzare degli anni, ad aver bisogno in dosi sempre più massicce dell’attenzione, della preparazione e delle cure del dottore. «Io già quando lo vedo, mi sento più tranquillo», era il classico commento, dopo le visite, sempre più frequenti del dottore. Punto di riferimento certo e affidabile nei momenti più difficili, nelle crisi da superare, nelle scelte da compiere quando si combatteva in prima linea contro il peggiorare di un quadro clinico complicato e pieno di variabili. Con la certezza di poter contare sempre non solo sulla cura più appropriata, ma anche sul consiglio più equilibrato nell’interesse del malato, ma anche di grande supporto e conforto per chi gli stava vicino.

Pensando all’avvicinarsi della data indicata nell’avviso, inevitabile è stato riaprire il “cascione” della memoria, tenuto accuratamente chiuso negli anni, perché sembrava sempre troppo prematuro e ostico doverci fare i conti. Il tempo è passato, ma il peso di certe fasi della vita resta. Insieme alla consapevolezza che senza la disponibilità, la dedizione e l’impegno del dottore non ce l’avrei mai fatta ad assistere nel modo migliore, tra le mura protettrici e rassicuranti di casa, i miei genitori, fino alla fine, dignitosa nonostante tutto.

Dopo, sapere di poter contare comunque su un professionista che non si è mai risparmiato per tener dietro ai suoi doveri, ha continuato ad essere rassicurante. Tanto quanto è stata, invece, spiazzante la novità che il dottore sarebbe andato in pensione. Per lui, immagino, sarà la riconquista di spazi che progressivamente avevamo fagocitato senza troppe remore né limiti di giorni o di orari. Come è inevitabile per chi svolga con passione e dedizione un lavoro che obiettivamente è particolare e arduo paragonare ad altri, per la delicatezza, la responsabilità, il coinvolgimento che richiede.

Per noi assistiti, certo, si apre una fase un po’ disorientante. Anche se un medico, il medico, non cessa di esserlo all’improvviso per la conclusione di un’esperienza di lavoro. E di sicuro il rapporto di fiducia che si è creato negli anni non viene meno e non si sostituisce dalla sera alla mattina. Il dottore resta, perciò un riferimento, a prescindere.

Semmai, dato che comunque un passaggio ad una fase diversa c’è, mi pare giusto dirgli anche pubblicamente quello che non gli ho detto mai abbastanza: GRAZIE, per aver fatto sempre molto più del suo dovere professionale e per esserci stato in momenti particolari e importanti di vite a me care.

Insieme all’augurio di riprendere il controllo del suo tempo e di spenderlo nel modo più gratificante e anche piacevole per lui. Dopo aver messo per tanti anni al primo posto le necessità degli altri.

 

 

 

 

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