Omaggio a Pasquale Mazzella

Tra il 1998 e il 2000, “Il Golfo” diretto da Domenico Di Meglio ospitò tra i suoi inserti settimanali uno spazio interamente dedicato agli anziani denominato “Evergreen”, da me curato, che poté contare, numero dopo numero, sul puntuale, incisivo, proficuo contributo di Pasquale Mazzella, allora segretario dello Spi-Cgil dell’isola d’Ischia. Attivissimo, Pasquale, era – va da sé dato lo spessore dell’uomo – sempre in prima fila nel far valere i diritti degli anziani, piuttosto misconosciuti e trascurati dalle amministrazioni locali a tutti i livelli, con rarissime eccezioni. Un impegno che conobbe i suoi momenti fondamentali nella storica battaglia (condotta per un ampio tratto anche con e a favore degli studenti) per ottenere dai Comuni e dalla Sepsa facilitazioni tariffarie per gli utenti anziani dei mezzi pubblici e in quella, non meno faticata, per far nascere, dapprima a Ischia e poi nelle altre località isolane, nuovi Centri di aggregazione per gli over 65enni.

Andando a rileggere alcuni (sono tanti che serve ben più di qualche ora per tutti) degli articoli settimanali di Pasquale Mazzella, si scopre che, nonostante siano passati ormai quasi quindici anni, proprio la definizione “evergreen” si attaglia perfettamente alla maggior parte di essi. Tante le questioni trattate, sempre con grande concretezza e lucidità, e inquadrate di volta in volta nel contesto nazionale, e non di rado anche europeo e/o globale, prima di “leggerle” nella loro dimensione locale. Tra tutte, mi piace citare e sintetizzare il contributo su “Uno Stato sociale più debole è un rischio per l’Italia”, pubblicato il 28 ottobre 1999.

“Sono sempre più frequenti – scriveva Pasquale Mazzella – preoccupazioni ed intolleranze sulla spesa sociale. Le preoccupazioni maggiori vengono da certe forze politiche che vedono crescere il numero degli anziani e la diminuzione dei lavoratori attivi. Gli stessi però non propongono soluzioni credibili. Personalmente, sono convinto che, anche tagliando le pensioni, non si risolverebbe il problema, con l’aggravante che un futuro per gli anziani più poveri con uno Stato sociale più debole creerebbe un clima incredibilmente drammatico. E’ confermato che in Italia non si spende molto per i servizi sociali e spesso la spesa non va nella direzione dovuta. Non è così nei Paesi del Nord Europa che sono molto più avanti di noi su queste tematiche. Si parla tanto di globalizzazione, alla fine vogliamo globalizzare solo il male e, cioè, la riduzione dei servizi, che significa indebolire lo Stato sociale. Credo che occorre sviluppare una economia sociale più incisiva e di sostegno alle famiglie e agli anziani. Il governo ha iniziato questo percorso. Ci saranno ritardi e difficoltà, ma questa è la strada per rispondere alla domanda proveniente dalla maggioranza degli italiani. A questo proposito, i sindacati confederali si stanno impegnando, in questi ultimi tempi, a contrattare con le istituzioni l’offerta di servizi sociali che anticipa i contenuti della riforma dell’assistenza ormai in discussione in Parlamento. Su questo stesso versante, si segnala anche un rallentamento dei rapporti sindacali unitari a livello regionale, una difficoltà, questa, che non viene segnalata a livello comprensoriale. Negli ultimi mesi si è ripartiti con l’elaborazione di proposte operative al livello regionale, che riguardano in particolare: il ruolo del Comune nella programmazione e nel controllo dei servizi sanitari; la realizzazione dei distretti socio-sanitari; il funzionamento dei consorzi per la gestione dei servizi socio-assistenziali; la costruzione di strutture per non autosufficienti e residenze sanitarie per anziani.

(…)Sulla nostra isola si è aperto uno spiraglio su questa problematica. Gli enti locali si rendono conto della società e dell’assistenza e dei servizi che rappresentano una grande necessità per la comunità. Assistiamo alla sonora contraddizione che nella nostra società, da un lato, crescono bisogni che non sono soddisfatti e, dall’altro, aumentano i disoccupati che potrebbero lavorare per soddisfarli. Da qui si può iniziare una vera discussione di riforma dello Stato sociale. (…)”.

Grazie, Pasquale!

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