A Ischia il documentario “L’odore del mare” sulla fortezza/carcere di Terra Murata

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Foto Qui Ischia

Nel bel mezzo delle iniziative natalizie del Borgo di Celsa, nell’accogliente  “sala schermo” di Marina di Sant’Anna che rappresenta una bella novità del 2016, Ischia ha raccontato Procida. Situazione inedita, che tuttavia si è dimostrata ben più naturale e appropriata di quanto si sarebbe potuto pensare prima di trovarcisi piacevolmente coinvolti. Perchè l’isola dirimpettaia non è solo vicina fisicamente, tanto da essere parte integrante del nostro orizzonte ed elemento imprescindibile dei nostri più bei panorami sul golfo, ma lo è ancor più per i forti legami storici e per le relazioni e le frequentazioni, anche familiari, che in ogni tempo sono state intessute e vissute tra le comunità delle due Isole Flegree. Incontri oltre e nonostante il mare, a cui non è rimasto estraneo il carcere protagonista del documentario “l’ODORE DEL MARE”, proiettato poche ore fa a Ischia, dopo la “prima” a Procida di qualche giorno or sono.

Per quindici anni ha rappresentato un problema, una preoccupazione, un

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Foto Qui Ischia

intrico burocratico, uno spazio negato, il carcere. Enorme, incombente presenza, un macigno sul futuro e su ogni ipotesi di sviluppo. Poi, la matassa ha cominciato a sbrogliarsi, fino allo sperato e per nulla scontato epilogo: il trasferimento del gigante di pietra di Terra Murata nella disponibilità del Comune e, dunque, della comunità procidana. Un regalo atteso, ma anche una sfida collettiva da far tremare le vene dei polsi. Una grande occasione da valorizzare e un nuovo percorso difficile e accidentato da affrontare. Un luogo ricco di storia, e custode di tante storie, che restituisce tasselli fondamentali della memoria collettiva e che, comunque, richiederà risorse eccezionali per corrispondere alle aspettative che ha suscitato. Ma, prima di ogni considerazione, un microcosmo dal fascino straordinario, attraente e terribile, con i suoi scorci invasi dalla vegetazione, le grate attraversate dalla bellezza, le mura possenti e scrostate, le celle ottocentesche nude e terrificanti che hanno preso il posto delle sontuose sale del palazzo rinascimentale, i segni di tante esistenze di dolore che hanno cancellato quelli dell’età dell’opulenza e del potere. Un concentrato di richiami, emozioni e contraddizioni che il documentario riesce bene a sintetizzare e a comunicare. Dalla prima all’ultima immagine dal vivo, con gli inediti intermezzi dei FILMATI di cronaca dell’ISTITUTO LUCE, che completano un lungo volume di quattro secoli di storia con il capitolo del Novecento.

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Foto Qui Ischia

Merito di MICHELANGELO MESSINA, che ha costruito dall’intuizione di un incontro casuale una narrazione convincente e coinvolgente. Iniziata da un’escursione procidana che lo condusse all’ingresso “sgarrupato” di quel mastodonte costruito dagli Aragonesi su un fianco dell’isola. Quanto bastava per sollecitare curiosità su ciò che si celava dietro le porte in disfacimento e l’interesse ad esplorare ciò che c’era al di là. Impresa divenuta possibile grazie all’incontro, anch’esso legato al caso o al destino, con il dottor GIACOMO RETAGGIO, medico del carcere per un quarto di secolo, dal 1966 alla chiusura definitiva nel 1988. E così, Michelangelo ha potuto attingere alla memoria storica di quella guida speciale che conosce ogni centimetro della fortezza, che sa distinguerne le epoche di origine, che era stato testimone di tante vicende umane al limite (e talvolta oltre), che custodisce una memoria tanto unica quanto preziosa degli uomini che si sono succeduti in quell’inferno terreno immerso nel paradiso.

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Foto Qui Ischia

L’incontro tra Messina e Retaggio ha creato le condizioni per un documentario che è già esso stesso una TESTIMONIANZA IRRIPETIBILE. Perchè ha fotografato una realtà del carcere appena riaperto, dopo decenni di totale abbandono, che è già superata dagli interventi, sia pur minimi rispetto alle necessità, realizzati dal Comune per consentire le visite del pubblico nella struttura, dal novembre scorso. Le immagini raccolte dall’ideatore dell’Ischia Film Festival sono riuscite a catturare il condensato di storia del carcere, quando sembrava che il tempo fosse rimasto fermo da quel giorno del 1988 in cui, in poche ore, era stato svuotato da tutta la sua numerosa popolazione umana. E il racconto carico di pathos del dottor Retaggio, che ha illustrato ogni spazio vuoto ricollocandovi gli uomini che lo abitavano, con le loro miserie, debolezze, difficoltà e speranze. Una rievocazione viva e vivace, un recupero coinvolgente della memoria che la consegna al presente e la preserva per il futuro. Così come Retaggio ha contribuito a fare anche con il suo recente volume “Il carcere di Procida: dal dolore alla memoria”, dopo il successo del precedente romanzo “L’isola nell’isola”.

Un bel lavoro, “L’odore del mare”. Il miglior invito a visitare la fortezza di Terra Murata per scoprirne dal vivo le atmosfere, i panorami mozzafiato, le tracce del cinquecentesco palazzo D’Avalos e l’impianto del carcere borbonico, le vecchie manifatture che producevano i tessuti e i mobili e le calzature venduti all’esterno, i terreni un tempo coltivati. Un attrattore importante, il castello/carcere. E una grande opportunità da cogliere per conoscere meglio una parte importante della storia di Procida. Che ha molto a che fare anche con la nostra. Dominata da un’altra fortezza/carcere/castello. Un altro capolavoro aragonese immerso nella bellezza.

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