La chiesa di Sant’Antonio dove piove dal tetto appena rifatto: chi ha sbagliato, deve pagare…

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Foto Qui Ischia

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Le magagne sono venute fuori quando una parte delle impalcature era ancora in piedi. Sul prospetto che  costeggia la discesina pedonale verso il largo, la prima parte ad essere completata e liberata dai ponteggi, la tinteggiatura giallo ocra aveva cominciato a cedere quasi subito. Un fatto preoccupante, soprattutto dopo tanti mesi di lavoro da cui era lecito attendersi qualcosa di meglio di quanto non fosse emerso dietro i tubi Innocenti e i teli protettivi. Non solo cadute di colore, ma un intonaco che occhi esperti commentavano già come non proprio super e quei discendenti “comuni”  verniciati di nero, al posto di quelli in rame…certamente non il massimo per un edificio storico da restaurare. Nonostante quelle “zelle” evidenti, tuttavia, era difficile immaginare che potesse esserci perfino qualcosa di peggio. E invece è andata proprio così negli interventi effettuati nella chiesa di Sant’Antonio alla Mandra, che avrebbe dovuto riaprire ai fedeli già da un pezzo, ma è ancora preclusa alla sua funzione. Nonostante i lavori siano ufficialmente finiti, le impalcature smontate, i cartelli del cantiere spariti. Unici segnali indicativi della situazione attuale, i nuovi vasi di creta sistemati ai lati della scalinata ancora incartati e l’inferriata davanti all’ingresso rigorosamente chiusa. Con un piccolo cartello, per avvisare che le Messe si svolgono in altri spazi, all’interno del convento.

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A tenere ancora chiusa la chiesa dei Frati Minori sono conseguenze dei recentissimi lavori ben più gravi delle magagne visibili all’esterno. Perchè, addirittura, dopo il rifacimento dell’impermeabilizzazione della cupola e della copertura della chiesa, si sono verificate nuove infiltrazioni d’acqua piovana. La protezione dalla pioggia, di fatto, non è durata neppure tra Natale e Santo Stefano, per rimanere in tema con il periodo. Che è davvero un RISULTATO INACCETTABILE E INTOLLERABILE DOPO ANNI DI LAVORI. Che non hanno risolto proprio alcuni dei problemi più seri di quelli che l’intervento di restauro avrebbe dovuto sanare.

Insomma, le macchie, i pezzi di intonaci scrostati, le lunghe crepe che stanno emergendo sui prospetti appeni rifatti, sono alla fine solo i mali minori rispetto al tetto “impermeabile” che fa acqua. E si tratta di perdite che indeboliscono le strutture e che riguardano un edificio in cui sono ospitate opere d’arte più che pregevoli. In particolare, il ciclo di dipinti dedicati alla vita di San Francesco di ALFONSO DI SPIGNA.  E scusate se è poco…

Nei giorni scorsi, l’attuale “guardiano” del convento aveva rivolto un appello pubblico ai fedeli, affinchè con le loro offerte consentissero di raccogliere la cifra di circa 20mila euro che consentirebbe di sistemare le magagne e riaprire al culto la chiesa. Per non prolungare oltre quest’attesa, che si è già protratta fin troppo e dalla quale, però, non si intravede ancora l’uscita.

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Se l’uomo di chiesa ha comprensibilmente focalizzato l’attenzione sull’obiettivo da raggiungere – la riapertura al culto – e sul modo fai-da-te più semplice per raggiungerlo, non è possibile da cittadini far finta che non sia accaduto nulla e procedere senza porsi il problema delle responsabilità e della riparazione del danno da parte di chi lo ha procurato.

I lavori pubblici, e a questa categoria appartengono quelli a Sant’Antonio, vengono affidati seguendo REGOLE E PRESCRIZIONI che non possono essere ignorate e bypassate impunemente da chi, ai vari livelli, aveva il dovere e l’onere di ottemperarvi. Per legge, i lavori vanno eseguiti A REGOLA D’ARTE e nei capitolati sono previste delle specifiche GARANZIE a tutela della buona riuscita degli interventi, della loro durata minima e anche – non ultimo – di un corretto uso del denaro pubblico. E tutto questo, che poi sono regole basilari di civiltà e di buona gestione della cosa pubblica, comporta che  SI DEBBANO RICHIAMARE ALLE LORO RESPONSABILITA’ QUANTI DOVEVANO GARANTIRE LA QUALITA’ E LA BUONA RIUSCITA DEI LAVORI. Ci mancherebbe che si facesse come se nulla fosse successo, impegnando altri fondi o anche chiamando i fedeli a ripagare un conto a cui hanno già contribuito come cittadini/contribuenti!

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Come sono stati spesi i soldi del finanziamento per la risistemazione della chiesa? Com’è stato fatto l’intervento, con quali materiali e che cosa non ha funzionato come avrebbe dovuto? Chi non ha controllato adeguatamente in corso d’opera e/o a conclusione dei lavori che fossero fatti come previsto dal capitolato e, in generale, a regola d’arte?

Prima di ogni altro intervento, VA FATTA LUCE sul precedente. E chi ha sbagliato, deve farsi carico di correggere l’errore, senza ulteriori oneri per la comunità. Non siamo nel Far West e non è accettabile, neppure dal punto di vista educativo ed etico, che si segua il “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”. In questo, come in qualunque altro caso di lavori pubblici mal eseguiti, lo “scurdammoce o’ passato” non può e non deve essere avallato, incoraggiato, sostenuto.

Piuttosto, la SOVRINTENDENZA CHE FINE HA FATTO? Non sono suo compito le attività di indirizzo, vigilanza e controllo prima durante e dopo i lavori in edifici di interesse storico-artistico? Che provvedimenti ha assunto per accertare la situazione e nei confronti della ditta appaltatrice? E per quanto tempo ancora l’ente di tutela pensa di poter lasciare chiusa la chiesa della Mandra con le infiltrazioni d’acqua che continuano a minarne la stabilità e a minacciarne il patrimonio artistico?

Più che una colletta, urge una forte azione di sollecito e richiamo verso l’ente di Palazzo reale da parte della generalità dei cittadini ischitani,  perchè la salvaguardia dell’edificio storico e dei suoi tesori d’arte riguarda tutti. Fedeli e non. E tre anni di attesa per questo risultato sono una vergogna.

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