Come mai, al “Rizzoli”, l’assistenza “privata” di notte nelle camerate sta diventando la regola?

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Foto Qui Ischia

E’ la notte il momento più difficile, per chi sta male. Ed è anche quello, nell’arco della giornata, più delicato per chi deve prestare assistenza. Ed è anche la fascia oraria più complicata in ospedale, soprattutto quando il personale è ridotto ai minimi termini. Com’è al “Rizzoli” in questo periodo, nel quale in particolare gli infermieri sono in numero nettamente al di sotto delle necessità, a fronte di un numero di pazienti ancora maggiore di quello “ufficiale”, per via dei ricoveri in barella, che continuano gioco forza soprattutto in Medicina. Ma la carenza di personale, per quanto grave e pesante, non giustifica che in un presidio pubblico ci si debba rivolgere ad un’assistenza privata notturna, che ormai è diventata la regola. Mentre non dovrebbe essere neppure un’eccezione.

A quest’ora, nelle camerate del nosocomio lacchese non ci sono solo i pazienti ricoverati. E qualche familiare che, in condizioni particolari  e con specifico permesso, trascorre la notte vicino al proprio caro. Sempre più spesso accanto ai malati non si trovano parenti né, al limite, badanti che li seguono di solito quando abitano a casa loro, bensì persone sostanzialmente estranee,  che “fanno la notte” e non per volontariato. Una sorta di assistenza parallela, privata, che si allarga a macchia d’olio tra le mura del “Rizzoli”, scattando subito dopo l’orario di visita fino al mattino dopo, quando comincia il giro delle visite mediche nelle stanze. Una prassi ormai, a cui i parenti dei malati si stanno uniformando progressivamente, come se fosse diventato un ausilio imprescindibile, un supporto a pagamento di cui non si può fare a meno. Insomma, sembra quasi che al “Rizzoli”, oltre a doversi spesso portare da casa il cuscino, ci si debba presentare anche muniti di assistenza notturna propria, peraltro non specializzata nè particolarmente esperta, che solo per questo dovrebbe essere tenuta rigorosamente al di fuori delle camerate e dell’ospedale.

E’ un’altra stranezza del presidio lacchese, questa PROLIFERAZIONE degli ASSISTENTI NOTTURNI o come si possono definire. Che non è e non può essere giustificata, tanto meno dalla carenza di infermieri e operatori socio-sanitari, all’interno di un ospedale pubblico, dove debbono essere assicurati ai malati tutti i servizi necessari per la tutela della loro salute h 24 e con personale adeguatamente formato. Anche perchè persone prive di una professionalità specifica, SENZA LE COMPETENZE ADATTE, non possono in alcun modo sostituire il personale specializzato che non c’è (ci mancherebbe…)  né tamponare le carenze conclamate in via Fundera. I cittadini pagano le tasse per fruire all’occorrenza, con  i propri cari, di servizi sanitari efficienti e funzionanti, non certo per poi doversi pagare un’assistenza notturna, “in privato”, con  persone prive di qualifiche specifiche, che nessuno assicura siano  abili e adatte a seguire i pazienti, specie di notte, anche in situazioni gravi e delicate.

Mancano gli infermieri, ma a otturare le falle degli organici non possono essere persone estranee all’organizzazione dell’ospedale. E la preoccupazione e il costo di un’assistenza sostitutiva non può e non deve ricadere sui familiari o direttamente sui pazienti stessi.  E’ l’ospedale che, nel momento in cui lo prende in carico con il ricovero, deve prendersi cura del malato, con risorse umane, strumentali e economiche dedicate. E, dunque, l’organizzazione ospedaliera non dovrebbe consentire presenze estranee nei reparti, fatta eccezione – ma come eccezione, non come prassi – per parenti debitamente autorizzati.

Qualcuno vuole riportare un po’ di normalità nelle stanze del presidio lacchese? Si vuole ripristinare un minimo rispetto delle regole di buon senso e di tutela dei pazienti, in luogo della pericolosa tendenza al “faidate” che sta prendendo piede in via Fundera?

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