Non c’è ancora l’autunno nel bosco. Tanti segnali, piuttosto, contribuiscono alla sensazione che l’ordine delle stagioni si sia improvvisamente rivoltato. Come se ci trovassimo nell’emisfero opposto e fossimo all’inizio della primavera. Quando alberi e arbusti tornano a germogliare, e in qualche caso perfino a fiorire. E il verde giovane si fa strada tra i rami spogli, su un letto spesso di foglie secche. E’ l’eredità di un’estate bollente. E arida. Che ha messo a dura prova la resistenza di ogni singola pianta e ne ha stravolto i ritmi vitali, fino a imporle un’inverno anticipato durante il periodo di massimo rigoglio. O che avrebbe dovuto essere tale. E così, con l’arrivo di un po’ di pioggia a settembre, la vegetazione si è rivitalizzata proprio quando avrebbe dovuto iniziare il riposo autunnale. Ma la terra è riarsa. Ancora. Di acqua dal cielo ne è scesa poca nelle ultime settimane, comunque non abbastanza da riequilibrare la secchezza estiva. Infatti, non c’è traccia di funghi. Non c’è abbastanza umidità per farli crescere, i protagonisti golosi di questa stagione. Tanto strana che non sembra lei.
Ad osservarla dalla strada, la collina del BOSCO DELLA MADDALENA mostra tante chiazze marroni nella coltre una volta compatta di verde. Colpa di queste ultime stagioni rivoltate, capaci di accentuare i danni di decenni di incuria. Quelli che hanno reso fragile la grande pineta che guarda verso il mare. Mai un diradamento, mai un lavoro di manutenzione sugli alberi e ora che anche le condizioni naturali si sono fatte difficili, perfino ostili, il malessere è diventato evidente, pericoloso.
Da dentro, i tanti pini secchi non sono più un’impressione visiva. Alcuni sono già crollati e si reggono solo grazie al sostegno dei loro vicini, tanti altri sono pronti seguirli. E anche quelli che conservano vitalità sulla sommità dell’altissima chioma, sono pieni di rami secchi che quasi non si nota la differenza con gli altri già morti. Il POLMONE VERDE cresciuto senza controllo, con troppi alberi alti per contendersi la luce e stentati per l’eccessivo affollamento, è seriamente in SOFFERENZA. E Allo stress idrico prolungato si aggiunge la recrudescenza delle infestazioni. Con tanto seccume, il Blastofago fa festa condannando a morte le piante di cui si impossessa. Ma non è più il nemico peggiore: la TOUMEYELLA sembra essersi affacciata nel bosco tra Casamicciola e Barano. I tanti ciuffi di aghi verdi caduti a terra sono il sintomo di una presenza non proprio contenuta. E con la “cocciniglia tartaruga” su piante deboli il futuro della pineta è grigio e nebuloso. Qui forse più che nel resto dell’isola.
Nessuno si occupa, tanto meno preoccupa, della pineta tanto delicata. E neppure della confinante lecceta, che copre compatta il versante più interno della collina. Eppure, di
persone ne passano parecchie da queste parti. Alcune con grande rispetto, senso di responsabilità e sincera passione, altre con comportamenti deleteri e a rischio per il patrimonio naturale, bene comune. Come i tanti focolai di pietre disseminati ovunque, con tracce recenti di fuochi accesi e di grigliate improvvisate, con bottiglie e rifiuti di plastica abbandonati con naturale inciviltà dai partecipanti ai pic nic nel bosco. E i bossoli di plastica, sparsi numerosi sul terreno, che nessun cacciatore si sogna di raccogliere, nonostante tutti sostengano di imbracciare il fucile per amore della natura.
C’è un silenzio avvolgente nel bosco, solenne, rigenerante. Che invita a parlare con toni bassi con i compagni di escursione o a salutare quasi sottovoce gli altri visitatori che s’incrociano lungo i sentieri.
Una magia rotta dal rombo improvviso e crescente di MOTORI che si inseguono inerpicandosi fin sopra la collina, lungo i sentieri impervi e i gradoni segnati dalle radici e dalle pietre coperte di muschio. Quella corsa a folle velocità risuona in tutto il bosco, annullando ogni suono della natura e sconvolgendo l’atmosfera del luogo. Un’incursione violenta, senza educazione, senza rispetto, senza civiltà. Proibita sulla carta, ma purtroppo non nella realtà. Impossibile non lasciarsi andare a paragoni con la magnifica CORSA DI CAVALLI incontrata all’inizio del percorso, una delle immagini perfette della passeggiata.
In una domenica tiepida di fine ottobre, il bosco, seppur sofferente, non lesina i suoi doni di bellezza. La magnificenza della varietà di specie che compongono il delicatissimo equilibrio della natura. Le piccole piante della macchia, che sembrano miracolosamente rinate dopo essersi seccate in estate. I frutti rossi di un corbezzolo, che su altri rami è ancora in piena fioritura. Il tappeto verde che ricopre la vicina collina del Montagnone. Il porto d’Ischia che compare tra i tronchi dei pini e, più in là, la sagoma del Castello e, in lontananza, il profilo grigio di Capri che si staglia sull’orizzonte. E poi l’immagine più stupefacente del golfo, con la sequenza di Vivara, Procida e tutto il profilo della costa da Capo Miseno a Napoli, sovrastata dalla sagoma del Vesuvio. E il mare azzurro intenso, che verso la costa nord si colora di un celeste chiarissimo scintillante. Peccato per la segnaletica che manca, per le panche distrutte, per i rifiuti che s’incontrano e nel bosco e soprattutto lungo il suo perimetro esterno, sulla strada in cui i barbari buttano di tutto. Peccato per la perfezione mancata.