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Ischia racconta Il terremoto (subito dimenticato) di Ischia: c’è un’altra storia da raccontare…
Il terremoto (subito dimenticato) di Ischia: c’è un’altra storia da raccontare…
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7 anni ago |
Foto Qui Ischia
Un accavallarsi di notizie. Confuse, contrastanti, frenetiche, fuorvianti. Che nel corso di una notte raccontano una storia destinata, a distanza di giorni, a rivelarsi decisamente incongruente rispetto ai fatti realmente verificatisi in pochi secondi cruciali. Non più di otto, quegli interminabili secondi, in quella sera del 21 agosto quando la terrà si mosse con improvvisa violenza come non accadeva da oltre 130 anni a Ischia. Nello stesso luogo colpito allora, dove tornò a seminare morte e distruzione, a replicare le sue drammatiche sequenze mentre nel resto dell’isola si registrava solo paura, nell’immediatezza pure qualche scena di panico, ma nessun danno a persone o cose. E la quasi convinzione che fosse stato così per tutti, in ogni angolo dei 47 chilometri quadrati dello Scoglio, perchè tanto l’ipocentro era stato rilevato in mare, al largo di Forio. Così aveva detto il telegiornale, con la velocità del nostro tempo supertecnologico, sulla base dei dati dell’Istituto Italiano di Geofisica e Vulcanologia. Attendibili e indiscutibili, i dati, come li avevamo sempre acquisiti e creduti. Fino a quella sera. Prima che cominciassero a comparire immagini che già raccontavano un’altra storia: un pezzo dell’isola era crollato, nella notte c’erano molte persone senza casa, due morti sperando che non si allungasse il già tragico bilancio e dei bambini sotto le macerie. L’inizio di una lunga notte d’informazioni sballate, di comunicazioni approssimative, di commenti a caldo lanciati nell’etere come anatemi senza alcuna verifica, riscontro diretto, seria valutazione scientifica.
Foto Qui Ischia
Sono passati quasi tre mesi da quella indimenticabile notte e pochissimo si è parlato della CAPORETTO DELL’INFORMAZIONE che tristemente vi si celebrò, riverberando i suoi deleteri effetti per settimane e in parte ancora oggi. Gli errori marchiani inanellati dagli esperti prima e dai media a cascata poi, senza trascurare la comunicazione schizofrenica offerta dai noi isolani al resto d’Italia e del mondo, sono stati coperti con inusitata velocità da chiunque avesse qualcosa da farsi perdonare, per come aveva raccontato quella sera. E sono stati in tanti a prendere e trasmettere abbagli, con tutti i mezzi di comunicazione possibili, dal locale al nazionale e oltre, per confezionare un’immagine del terremoto che non desse fastidio più di tanto, per la convenienza dei più e la disperazione di chi il guaio lo aveva avuto e lo aveva in casa.
“Le prime notizie non davano l’idea di un terremoto tanto importante, ma contattando i colleghi dei giornali mi dissero che stavano mandando inviati e troupe sull’isola. E già quello era strano, per quello che era stato detto sul sisma. Nella notte, altri colleghi mi confermarono che sul posto la situazione era molto diversa da come ce l’eravamo immaginata dalla nostra parte del mare”. Questa la testimonianza di CLAUDIO CIOTOLA, presidente dell’ASSOCIAZIONE CAMPANA-GIORNALISTI FLEGREI, a Ischia sabato scorso per un corso di aggiornamento promosso dall’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA CAMPANIA che si è tenuto nella sala convegni dell’Episcopio. Un’occasione ideale per soffermarsi a riflettere sulla gestione delle notizie dello “strano” terremoto ischitano, nel quadro di un tema dell’incontro che ben vi si prestava: “COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO”. Una questione da tempo oggetto di dibattito nel mondo dei media, che Papa Francesco aveva rilanciato con forza nella sua annuale nota per la Giornata Mondiale della Comunicazione sociale.
E anche l’occasione per una narrazione dell’evento che ha scosso in tutti i sensi l’isola come non è mai stata proposta dai media regionali e nazionali, che peraltro l’hanno ben presto archiviata. Con il valore aggiunto di proporre questa (ri)lettura a giornalisti della terraferma, al di là di quella striscia di mare che fa spesso la differenza nel modo di vedere e valutare ciò che avviene sul nostro territorio circoscritto e marginale. Tanto poco conosciuto, seppure così prossimo, da indurre in quella fatidica notte a diffondere errori perfino sulle notizie “geografiche” più semplici. Per non parlare della “bolla mediatica” sul tema dell’abusivismo edilizio che ha ingenerato interpretazioni, valutazioni, affermazioni con scarsa o nulla attinenza alla nostra realtà isolana, come ha sottolineato nel suo intervento FILOMENA SOGLIUZZO, referente del Presidio “Gaetano Montanino” di LIBERA di Ischia e Procida, che ha collaborato al convegno.
TRE DONNE PER UN’EMERGENZA
Foto Qui Ischia
TRE DONNE hanno rimesso i puntini sulle i nella narrazione del terremoto ischitano velocemente dimenticato. Tre donne che si sono ritrovate in prima fila, nei gironi dell’emergenza, quando Ischia ha dovuto far fronte in modo decisamente autarchico alle necessità primarie dei terremotati e perfino dei soccorritori venuti dal resto d’Italia. Tre PORTATRICI DI SPERANZA in quei giorni e nell’attività di sostegno, supporto, vicinanza materiale e morale che non si è mai interrotta.
LUISA PILATO, che è stata il motore dell’articolata e complessa macchina di aiuti organizzata e gestita dalla CARITAS DIOCESANA, che ha risposto con efficiente tempestività ai più vari bisogni dell’emergenza. Dalla mattina dopo il terremoto, quando fu convocata dal vescovo LAGNESE una urgentissima riunione per essere subito operativi nella zona colpita dal sisma poche ore prima. Un impegno senza risparmio di energie per COORDINARE GLI AIUTI DI PARROCCHIE E ASSOCIAZIONI ATTIVE SUL TERRITORIO. E da subito un’attenzione speciale al BISOGNO DI CONFORTO DELLE PERSONE, primi fra tutti i bambini, a cui sono stati garantiti momenti di svago, di animazione e di attività laboratoriali “per avviare l’elaborazione dell’esperienza vissuta” fin dall’immediatezza dell’evento. Ci si è occupati del corpo dei terremotati e dei soccorritori con, all’inizio, colazioni messe insieme in fretta e poi con pasti caldi cucinati da ristoranti, gruppi parrocchiali, associazioni. E poi ci si è occupati della mente, con la collaborazione di psicologi e animatori, per assecondare e sostenere l’esigenza di non disperdersi come comunità nella zona del Majo e del Fango, dove il rischio della disgregazione sociale pesa soprattutto su bambini ed anziani.
NUNZIA MATTERA, fondatrice e anima della CATENA ALIMENTARE che dalle 5 spese settimanali dell’inizio è passata alle 60 attuali, senza contare gli sfollati, ha offerto il punto di vista di un’associazione di volontariato che si è trovata improvvisamente catapultata nell’emergenza terremoto, perdipiù avendo sede a Casamicciola. E condividendo con i terremotati la brutta sensazione di sentirsi “abbandonati dal resto dell’isola. Il terremoto è di tutta l’isola non di una sola parte. E l’aiuto della Catena va alle famiglie in difficoltà di tutta l’isola, perchè a Ischia c’è fame, di abbracci, ma anche del piatto ‘e maccarune”. Chi vive il disagio, per colpa o meno del terremoto, ha bisogno dell’aiuto materiale, di beni di prima necessità, medicine, soldi per pagare le bollette. Ma ha anche il bisogno di non sentirsi solo, escluso, abbandonato. Dell’abbraccio solidale della comunità. E questo è il valore aggiunto dell’opera compiuta da realtà come la Catena Alimentare.
E come la BORSA VERDE, che dopo aver creato una rete di persone interessate a scambiarsi prodotti dell’orto, piante, sementi e amicizia, per dare il suo contributo ai terremotati si è messa subito in rete con le altre associazioni che davano una mano nell’emergenza. LUCIANA MORGERA, ideatrice della Borsa, ha raccontato come dall’appello della Catena Alimentare sia partita grazie alla pagina FB della Borsa una catena di solidarietà che è andata avanti per settimane, mobilitando le cucine di mezza Ischia per far arrivare PASTI CALDI CON IL PROFUMO DI CASA a chi la casa non ce l’aveva più. “Sono state cucinate migliaia di polpette, un’esplosione della cucina ischitana”: soprattutto la dimostrazione viva di come stando uniti, lavorando insieme, supportandosi reciprocamente si sia in grado di dare risposte più veloci e efficaci alle esigenze contingenti.
Esperienze che il terremoto ha fatto incontrare, collaborare, interagire. Energie di una società viva e partecipe che sono state svegliate o risvegliate indirizzandole verso l’emergenza in uno spirito di solidarietà e di amicizia che, almeno per un po’, senza nascondere il lato oscuro della medaglia, ha fatto superare divisioni, barriere, preclusioni reciproche, campanilismi fuori dal tempo e dalla logica. Nella pratica quotidiana di Luisa, Nunzia, Luciana e di tanti che si sono rimboccati le maniche come loro sta il senso del richiamo del Vescovo Lagnese a “fare del terremoto un’OCCASIONE PER LAVORARE INSIEME, PER CAMBIARE LA MENTALITA’ CHE CI CHIUDE ALL’ALTRO”. Semi di speranza che non fanno notizia…