Per i “pulcini sperduti” scatta l’ora del tutti a casa, ma in quali condizioni e con quali garanzie?

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Foto Qui Ischia

Si stanno susseguendo in rapida serie. Si chiamano UVI, che sta per UNITA’ DI VALUTAZIONE INTEGRATA, e puntano a valutare nella sua globalità la situazione socio-economico-sanitaria dei pazienti psichitriaci in carico, totale o parziale, ai servizi sanitari e sociali. Compresi i “pulcini sperduti” ex residenti della Sir, disgraziatamente chiusa due anni fa, che nella stragrande maggioranza dei casi erano tutti provenienti dai manicomi-lager quando nel 1997, ridotti a relitti umani, furono riportati a Ischia per iniziare un percorso di ricostruzione personale e sociale che è arrivato fino ai nostri giorni. E che ha conosciuto negli ultimi due anni un’incredibile e incresciosa provvisorietà, con numerosi trasferimenti da una soluzione abitativa ad un’altra e altrettanto numerose revisioni delle diagnosi sullo stato di salute e sul livello di autonomia dei singoli. Ciò che ha consentito all’Asl di ridimensionare nettamente il suo impegno assistenziale ed economico, fino in qualche caso a sfilarsene completamente. Perchè la novità delle ultime ore è che SONO INIZIATE LE DIMISSIONI DEI “PULCINI”, alcuni dei quali dovrebbero essere riaffidati ai parenti e rimandati a casa.

A dirlo e a sentirlo così. il RITORNO A CASA, sembra una bellissima cosa, l’epilogo più bello per storie ultradecennali di dolore e sofferenze nei lager manicomiali,  poi ampiamente riscattate negli anni della SIR ISOLANA, seppure con la triste coda dei pasticci del dopo Sir. E a ricordarsi dello stato in cui versavano quando erano sbarcati a Ischia vent’anni fa, sembra un miracolo che oggi alcuni di quegli uomini e di quelle donne possano essere considerati nelle condizioni adatte al reinserimento nelle loro famiglie. Tutto bello, sulla carta e in teoria. Ma nella vita reale, quotidiana, questo passaggio “liberatorio” finale, che coincide con un TOTALE DISIMPEGNO di fatto del SERVIZIO SANITARIO e del SISTEMA DELLA PUBBLICA ASSISTENZA suscita più di qualche interrogativo e di un ragionevole dubbio.

E’ vero, infatti, che i “pulcini” sono molto migliorati e hanno fatto progressi enormi dal ’97 ad oggi, grazie alle cure e all’amore (sì, proprio AMORE, come e forse più che quello di una famiglia genetica) ricevuti in questi anni dai loro “angeli custodi” della Sir e poi delle residenze che sempre gli angeli hanno loro garantito, nell’inerzia assoluta dell’Asl e delle istituzioni competenti. Ma da questo a decidere di rimandarli a casa, c’è di mezzo il mare. INTANTO, IN QUALE CASA? Non tutti dispongono di una casa, innanzitutto. E chi potrebbe avercela, dopo decenni in cui ne è stato lontano e non ha avuto la possibilità di occuparsene, di quale casa realmente può disporre?

Lo stesso vale per le famiglie. I “pulcini” non sono anagraficamente appena nati e per alcuni la FAMIGLIA è solo un ricordo del passato. Ma poi, anche quando dei parenti ci sono, fino a che punto possono essere in grado di farsi carico di situazioni del genere? Per anni si è detto, anche a livello nazionale, che la malattia psichiatrica non doveva essere scaricata sulle famiglie e ora che cos’è cambiato, a parte la spending review “burocratese” che santifica pure i TAGLI A DISCAPITO DELL’ASSISTENZA AI PIU’ DEBOLI?

PERCHE’ I “PULCINI” SONO SOGGETTI DEBOLI. E SCOMODI. Per tutti coloro che dovrebbero occuparsene.

Lo sono per l’ASL e le sue articolazioni, che infatti si stanno sfilando in modo evidentissimo dal prendersi cura e farsi carico finanche dei cosiddetti “residui manicomiali”, rispediti ai mittenti , cioè quel che resta dei loro familiari, dopo decenni di manicomi, strutture protette e assistenza al più alto livello h24, che nello spazio di pochi mesi sarebbe diventata inutile, superflua e finanche inadatta!

Lo sono per i SERVIZI SOCIALI dei Comuni che, dovendo friggere i pesci con l’acqua, non ne hanno per occuparsi di loro in misura preponderante – come l’Asl l’avrebbe anche a loro scaricata – non disponendo neppure delle strutture e delle risorse umane necessarie.

E ora lo diventano anche per quel che resta delle FAMIGLIE, quando ci sono. Che DALLA SERA ALLA MATTINA, SENZA ALCUNA CONSULTAZIONE NE’ PREPARAZIONE dovrebbero farsi loro carico di persone che fino al giorno prima sono state in strutture sanitarie o socio-sanitarie, assistite da personale specializzato.

Di sicuro, le carte saranno tutte a posto, compilate a dovere. E le prescrizioni della burocrazia saranno state tutte rispettate.

Ma le storie di queste persone, le loro sofferenze ed esigenze, la complessità della loro situazione sanitaria e non, possono essere valutate, indirizzate, organizzate SOLO CON CRITERI BUROCRATICAMENTE INECCEPIBILI MA UMANAMENTE INCOMPRENSIBILI?

Qualcuno si è chiesto come affronteranno, con quale impatto e quali ripercussioni i nostri “pulcini” l’uscita dalla famiglia in cui sono vissuti per vent’anni, tanto più dopo le tristi vicissitudini degli ultimi anni, per ritrovarsi all’improvviso in un ambiente nuovo, con persone familiari per DNA ma non per consuetudine di vita, senza l’assistenza di cui hanno usufruito in questi anni e con la responsabilità di dover badare a loro stessi, ammesso e non concesso che ne siano realmente e improvvisamente capaci? E CON QUALE PREPARAZIONE A QUESTO CAMBIAMENTO RADICALE DI VITA? CON QUALE GARANZIA CHE ABBIANO TUTTO CIO’ DI CUI LA LORO SALUTE FISICA E MENTALE HA BISOGNO? E CHI SI PRENDE LA RESPONSABILITA’ DI QUESTO PERCORSO DI REINSERIMENTO?

Perfino quando si affidano cani e gatti in adozione si fanno verifiche delle case e delle persone che dovranno accoglierli e seguirli. Possibile che per gli esseri umani nessuno si prenda la briga di verificare prima di metterli fuori da una situazione protetta dove andranno a vivere (ammesso che abbiamo un posto), con chi e in quali condizioni? Eppure, è quello che potrebbe accadere ai nostri PULCINI. SEMPRE PIU’ SPERDUTI.

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