Tra boschi di querce e castagni lungo il sentiero di sabbia che porta a Buceto

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Foto Qui Ischia

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L’isola di terra, l’isola di mare….Definizioni che la Natura si permette di smentire, rimescolare, spiazzare. E superare. Con la multiformità che la caratterizza su questo nostro magnifico scoglio, che ti regala spesso ciò che non ti aspetti. Come camminare sulla sabbia, per decine di metri. Non sulla spiaggia, non in riva al mare, come in tanti hanno fatto nella scorsa calda domenica di metà ottobre. Ma in collina, nel cuore verde dell’isola, lì dove il mare, adesso, si intravede solo sullo sfondo, in lontananza, tra i rami degli alberi che compongono la fitta vegetazione. Quel mare che invece, anticamente, arrivò a ricoprire la terra emersa fin lassù, a qualche centinaio di metri d’altezza, lasciandovi tracce indelebili, che raccontano ancora un’affascinante storia geologica. Comune a molte alture baranesi, dalla spiaggia preistorica tra le querce del Cannavale al percorso che dalla zona del Cretaio conduce a Buceto, la più importante e generosa FONTE d’acqua dolce dell’Isola Verde.

Salendo verso BUCETO, querce e castagni sono padroni di ogni angolo e formano un tetto verde che lascia trasparire generosamente la luce del sole, ancora quasi estivo. Più bassi ma non meno lussureggianti si susseguono e si compenetrano arbusti di eriche, corbezzoli e mirti, che si accompagnano a felci rigogliose e ad erbe selvatiche dalle semplici infiorescenze e dai delicati profumi. Sul sentiero che s’inoltra  nell’interno e nel verde, si cammina sulla sabbia marina rimasta inalterata nei millenni e sui ricci. Con l’autunno i grandi alberi dispensano i loro frutti legnosi con generosità. Ovunque sono ghiande e castagne. Quelle che i greci chiamavano “ghiande di Giove”. E che trovavano in grandi quantità e utilizzavano anche sull’isola madre di Eubea, prima di ritrovarle nella nuova terra ugualmente circondata dal mare.

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In questi giorni le CASTAGNE attirano visitatori da ogni parte dell’isola non meno dei funghi, di cui ci si aspetta la presenza dopo le piogge recenti. Aspettativa delusa, però, perchè i cercatori tornano indietro quasi tutti con i cesti vuoti, a parte qualche fortunato o particolarmente abile che riesce a scovarne qualche esemplare, seppure piccolissimo. E così, invece dei funghi, ci si accontenta di raccogliere il più umile frutto di stagione, solitamente compagno dei primi freddi che quest’anno appaiono ancora lontani.

La bellezza della selva lascia senza fiato. Maestosa e selvaggia riempie lo sguardo ad ogni passo, dispensando sensazioni e stupori senza tempo. Quelli provati dagli antichi VIAGGIATORI, che durante i loro lunghi soggiorni ischitani non mancavano di concedersi lunghe passeggiate a piedi o a dorso d’asino nelle zone collinari più suggestive a contorno dell’escursione irrinunciabile sull’Epomeo. “Da qui si arriva all’Epomeo?”. è la domanda di un turista tedesco di oggi, alle prese con la decodificazione di una cartina abbastanza dettagliata, ma ardua da seguire nella totale assenza di indicazioni lungo questo sentiero e anche negli altri segnati sulla carta. Delle lucertole colorate che non molti anni fa guidavano gli escursionisti sulla strada giusta non è rimasta traccia, se non in qualche datato depliant turistico ormai superato.

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Per quanto selvaggia appare la natura, tanto è evidente l’intervento dell’uomo lungo il percorso. Lo scalone antico, di pietra, fu un’opera rilevante, a suo tempo. Ben integrata nell’ambiente, come i tanti altri esempi di architettura rupestre che s’incontrano nel cuore dell’isola. Ma l’abbandono prolungato, soprattutto negli anni recenti, non è rimasto senza conseguenze. Quasi ad ogni gradone corrispondono buche, a volte vere voragini, formate dall’erosione delle acque invernali. Basterebbe poco per sistemarle e mettere il sentiero in sicurezza, ma anche quest’anno nessuno vi ha provveduto e chissà se e quando accadrà. E chissà se e quando sarà ripristinato il tratto del sentiero che, più  a monte, è diventato ormai impraticabile, nonostante le tante segnalazioni che per anni avevano denunciato l’imminente rischio di collasso della struttura di pietra.

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INCURIA da una parte, INCIVILTA’ dall’altra. Te la trovi di fronte già all’inizio, dal punto in cui ha inizio il sentiero, lungo la strada del Cretaio: bottiglie di plastica abbandonate, che l’erba a mala pena nasconde. E anche salendo altri rifiuti di plastica non mancano. Incredibilmente, compaiono anche sul fondo di un antico pozzo di pietra, dove non c’è più una goccia d’acqua, ma in compenso si trovano altre bottiglie e rifiuti vari. E davanti alle cartine delle caramelle che qualche sporcaccione ha buttato ci si interroga, inevitabilmente, su come si possa fare a trattare SENZA RISPETTO un posto così.

Per fortuna, gli incivili non riescono a scalfire il fascino del bosco e a rompere l’armonia che vi regna. Rigeneratrice. Come l’acqua della fonte che per tre  secoli dissetò gli abitanti  di Ischia, prima che arrivasse l’”acqua di  Napoli” direttamente nelle case. Un tubo nero che  s’incontra lungo il sentiero la porta ancora a valle, fino alle fontanina pubblica a FIAIANO, l’ultima rimasta, tuttora attiva, delle tredici che un tempo distribuivano l’ottima acqua di Buceto agli abitanti di Barano, Ischia Ponte e Ischia Porto. Il punto di arrivo di un lungo itinerario, il cui tratto collinare ho appena iniziato a conoscere. La selva è stata protagonista di questo primo incontro.  Magari la prossima volta la destinazione sarà proprio la fonte. Un altro tesoro dell’interno dell’isola. Salendo lungo il sentiero di sabbia, dove l’azzurro del mare lontano s’intravede appena tra il fogliame verde di querce e castagni.

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