Non è in ospedale che si risolve l’emergenza degli “invisibili”, ma con la rete dei servizi sociali

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Foto Qui Ischia

“Si ricorda agli enti competenti che fino alla mezzanotte di oggi si prevedono venti ancora molto forti e persistenti sull’intero territorio e di mantenere in essere tutte le misure atte a prevenire e contrastare i fenomeni e di prestare attenzione alle fasce fragili della popolazione”. Si concludeva così, con una frase classica per queste informative, l’allerta meteo diramata dalla Protezione civile, prima della bufera di vento gelido che ha investito anche Ischia nei giorni scorsi. Di solito, in queste circostanze, nelle città si tengono aperte di notte le stazioni delle metropolitane o spazi nelle stazioni ferroviarie, oltre a potenziare per quanto possibile la ricettività dei rifugi per senzatetto e le attività di supporto/assistenza su strada. Iniziative straordinarie per far fronte all’EMERGENZA FREDDO, come viene definita. A Ischia questo problema non ce lo siamo mai posto. Neppure stimolati dalla raccomandazione dei comunicati della Protezione civile, che evidentemente è stato ritenuto non fossero riferiti all’isola, almeno per la parte finale. Roba cittadina, insomma, lontana mille miglia dall’oasi circondata dal mare. Fino a quella notizia, piombata come una mazzata sulla calma domenicale insieme alle sferzate violente del vento da nord: una donna uccisa dal freddo, in una notte all’addiaccio. Impensabile sull’isola: il freddo che uccide  e una donna senza un riparo nella notte più fredda dell’anno. Una degli “invisibili” che qui da noi lo sono più che nelle città. E infatti la loro esistenza è motivo di stupore, oltre che di rammarico e di dolore. Oggi. Perchè prima, semplicemente, non esistevano…

La fine di Renata ha fatto scoprire a tutti quello che solo alcuni vedevano. O meglio, hanno voluto vedere. Gli uomini e donne senza un tetto che trascorrono le loro notti e vivono i loro incubi nello squallore di quel che resta di tante strutture abbandonate. Ricordo anni fa le tracce evidenti di un insediamento con passeggini da bambino nel ventre del depuratore infinito a San Pietro. E le persone che anche in pieno giorno entravano nel portone del Pio Monte, scomparendo agli occhi del mondo tra le sue rovine. Quelli che trovano un pasto caldo e indumenti utili alla Mensa del Sorriso, mandata avanti tra mille difficoltà  e ristrettezze e quelli che – fortunati – hanno un tetto sicuro e assistenza presso il CENTRO “GIOVANNI PAOLO II”, unico rifugio dell’isola per gli “invisibili” che sullo scoglio ufficialmente non esistono.

E siccome non esistono, o meglio non esistevano fino all’altro ieri, nessuno degli “enti competenti” si era premurato “di prestare attenzione alle fasce fragili della popolazione”. Cioè innanzitutto a loro, gli “invisibili” che di quelle fasce sono l’ultima. Anzi, l’ultimissima. D’altra parte, a Ischia non c’è ferrovia, non c’è metropolitana, non ci sono stazioni da aprire. E, a parte quello della Caritas A FORIO STRAPIENO, non ci sono rifugi. NEPPURE UNA STANZA PER LE EMERGENZE. Tanto da noi, anche in pieno inverno, che freddo può mai fare?

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Foto Qui Ischia

Ma nella notte del grande freddo c’è stata un’eccezione alla regola. Quando è stato PORTATO IN OSPEDALE un “invisibile” perchè il Sindaco di Casamicciola, nella sua qualità di massimo responsabile della salute pubblica nel suo paese, pensava che potesse aver bisogno di assistenza psichiatrica urgente. L’uomo era pieno di problemi, ma non di quelli che si possono risolvere in un ospedale. Certo, lì avrebbe potuto trovare un letto al caldo, cibo, una doccia e un bagno e assistenza sanitaria, se fosse stato il caso. Ma il caso non era. L’essere senzatetto e senzanulla, “clochard” magari, non è una malattia psichiatrica bisognevole di TSO. POVERTA’ E MARGINALITA’ NON SONO UN PROBLEMA SANITARIO, MA UMANITARIO. E la soluzione non va cercata in un ospedale – che vive già di suo in perenne emergenza – ma in strutture residenziali e servizi sociali in grado di rispondere alle esigenze degli “invisibili”, nella quotidianità ordinaria e straordinaria.

E’ davvero incredibile che in un territorio dove I SERVIZI PER I MALATI PSICHIATRICI REALI SONO RIDOTTI QUASI A ZERO DA ANNI e dove anche i pazienti psichici di lungo corso sono stati passati all’assistenza sociale, poi si pensi di supplire alle evidenti carenze di assistenza sociale con un’assistenza psichiatrica “desaparecida”.  UN PARADOSSO GIGANTESCO, da cui è opportuno sgombrare subito il campo, per rispondere ai diversi bisogni con interventi e iniziative appropriati.

Per gli “invisibili” su cui si sono improvvisamente accesi i riflettori per effetto di un dramma, come la “regola” italica impone, serve una RETE ASSISTENZIALE seria, efficace ben organizzata. Che non può essere lasciata (o scaricata) solo sul VOLONTARIATO, le ASSOCIAZIONI, la CHIESA e le iniziative dei privati, nella deresponsabilizzazione degli “enti competenti”. Questi, seppure nella ristrettezza delle risorse, debbono comunque trovare il modo per fare la loro parte, trainare e indirizzare la rete. Non hanno soldi, ma potrebbero, se volessero, disporre di immobili da destinare all’utilizzo sociale. Un discorso che va fatto su scala isolana, come già si sarebbe dovuto fare da tempo e come ora non si può più evitare di fare. C’è un Ambito in cui sono rappresentati tutti i Comuni, è lì che devono nascere misure specifiche per tutte le fasce fragili della popolazione, non esclusa l’ultima della serie, la più fragile e marginale. Quella che è emersa ed ha cominciato ad esistere anche per gli “enti competenti” solo con la morte di RENATA. Che va onorata con atti e fatti concreti, utili ed efficaci almeno per il futuro. Tutto il resto rischia di essere retorica fine e a sé stessa e di effimera durata. Il contrario di quello che serve agli “invisibili” e a noi tutti per non essere più ciechi.

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