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Ischia racconta La Mensa del Sorriso un anno dopo: serve sostegno alla dedizione dei volontari
La Mensa del Sorriso un anno dopo: serve sostegno alla dedizione dei volontari
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5 anni ago |
Foto Qui Ischia
Anche stasera è andata. Al calar del sole, attorno al grande tavolo con la tovaglia coi colori dell’arcobaleno, si è mangiato serenamente, di gusto, il cibo caldo che arrivava dalla cucina attigua. Una cena sostanziosa, adatta a chi può contare solo su quel pasto nell’intero arco della giornata. Profumi familiari, di casa, quella su cui non tutti possono contare. Pasta e fagioli, spezzatino al sugo per secondo, piatti semplici cucinati con amore. E serviti con gentilezza e affabilità, condividendo qualche impressione, battuta, commento. Sul pasto e sulla vita. Quella dura, difficile, a volte persino ardua, che troveranno là fuori. Appena usciranno dalla MENSA DEL SORRISO, che ha regalato qualche momento di normalità anche stavolta. Come ogni sera, nonostante i problemi. Nonostante gli ostacoli. Nonostante la fatica di portare avanti un’iniziativa di solidarietà rivolta agli ultimi.
Avevo conosciuto la Mensa un anno fa. Nel bel mezzo di una crisi economica che ne minacciava l’esistenza a strettissimo giro. Anche se l’affluenza serale di persone altrimenti prive di come cibarsi, rendeva impossibile immaginare di potersi disimpegnare da quell’appuntamento quotidiano per loro fondamentale e addirittura vitale. Ancora oggi, la consapevolezza di quel bisogno primario da soddisfare continua a motivare i volontari che tengono viva la Mensa un pomeriggio dopo l’altro. Nonostante resti di strettissima attualità la questione di come riuscire ad andare avanti. Perchè, oltre alla buona volontà e alla dedizione, che non mancano, ci vogliono risorse per coprire le spese. E il tempo non è riuscito a sciogliere questo nodo.
In cucina, le scorte di cibo garantite dalla collaborazione con il Banco Alimentare e con la Caritas sono una delle (poche) certezze su cui possono contare i volontari. Che si danno da fare non solo a cucinare e a servire in tavola, ma anche a integrare i pasti da distribuire ai commensali, il cui numero è sempre variabile e imprevedibile. Ognuno dei beneficiari ha una storia che gli rende complicata e incerta l’esistenza. E che non gli consente, per periodi più o meno lunghi, di mettere il piatto a tavola. Se non fosse per quello che, profumato e fumante, sa di poter trovare nella sala dietro il lungomare di Casamicciola. Dove trova accoglienza, attenzione, dialogo, comprensione. E aiuto, per quanto possibile.
Nonostante il forte impegno e la grande determinazione, sostenuti da un profondo senso di responsabilità, hanno passato momenti difficili i volontari della Mensa, per i problemi di sempre. Quelli che rendono sempre più difficile far fronte alle spese vive di gestione. Tra l’affitto, i costi delle bollette e dei piccoli lavori di manutenzione ordinaria, c’è bisogno di circa mille euro al mese. E da soli i volontari non ce la fanno più a sostenere l’onere dell’impresa. Per questo hanno deciso di riorganizzarsi, creando un COMITATO ad hoc che, pur essendo ancora un ramo dell’ASSI, si occupa solo della Mensa. E che spera di ampliare il sostegno alla sua iniziativa con contributi esterni, per raccogliere un adeguato budget mensile.
Negli ultimi mesi, grazie anche all’appoggio della Stanza, il gruppo si è consolidato e rafforzato. E con il coordinamento di FAUSTA PICCOLO e l’innesto di alcuni giovani si è dato da fare per non venir meno al tacito patto con i commensali: non abbandonarli in mezzo alla strada, senza neppure un pasto caldo al giorno su cui poter contare.
Così, ogni sera, gli invisibili si riuniscono intorno alla tavola apparecchiata e per qualche ora ritrovano, insieme al cibo, un po’ di casa e di normalità. E una sincera attenzione ai loro bisogni, alle loro storie, alle loro fragilità e mancanze. Sempre con il sorriso, che non è solo parte del nome, ma il simbolo dello spirito con cui i volontari vivono questa complessa esperienza corale. Che chiama in causa anche il mondo all’essterno, oltre la porta rosa all’ingresso. Perché nessuno resti invisibile e sia ultimo in una società civile. In una comunità degna di questo nome.