La trasformazione del lago in porto, un anno di lavori e una grande festa per l’impresa

La decisione fu presa d’estate, durante il consueto soggiorno che Ferdinando II di Borbone trascorreva con la famiglia nella residenza affacciata sul lago fatta costruire, un secolo prima, dal protomedico Francesco Buonocore. Delle “Reali Delizie”, il palazzo ischitano era tra le più amate dal sovrano, che vi trascorreva luIMG_1319nghi periodi, soprattutto durante la bella stagione, fin da quando era salito al trono del Regno delle Due Sicilie nel 1831. E infatti si era subito premurato di apportare varie modifiche alla bella tenuta isolana, facendo ampliare l’edificio principale e realizzando altre costruzioni per ospitare il folto seguito e allocare le scuderie, oltre a far ridisegnare un altro accesso, attraverso un viale più lungo, ma anche più comodo. Poi, l’idea di un altro progetto, ben più complesso e ambizioso delle ristrutturazioni compiute fino ad allora: aprire il lago al mare, per farne un grande porto per l’isola. Risoluto, il sovrano decise che quell’opera si doveva fare e non perse tempo. Era l’estate del 1853 e Ferdinando, presa la decisione, diede disposizioni affinchè si partisse al più presto con i lavori. Che iniziarono puntualmente di lì a breve, già alla fine di luglio. Con la prospettiva di portarli a compimento il prima possibile.

Ci volle un anno, sfruttando il lavoro dei coatti reclusi sul Castello. In dodici mesi quasi precisi e con le tecnologie di allora si riuscì nell’impresa di costruire il molo che arriva fino al faro, di realizzare una banchina intorno al lago e di aprire la duna di sabbia che da sempre divideva il bacino di origine vulcanica dal mare. Poi, l’ultimo lavoro, decisivo per attivare il nuovo approdo, ovvero lo scavo del fondo del lago, per creare la profondità adatta all’ingresso dell navi. Tutto completato in tempo per l’estate successiva a quella di inizio delle attività.

Era il 31 luglio 1854 quando il vapore “DELFINO” entrò nel nuovo approdo, gettandovi l’ancora. L’isola aveva finalmente un porto, in posizione favorevole e sicura.

Di certo, dal palazzo retrostante assisterono alla scena il re, la sua famiglia e buona parte della corte. Erano tutti sull’isola da tempo, arrivati con largo anticipo rispetto ai soliti soggiorni estivi, perchè nella capitale infuriava un’epidemia di colera. Ma per l’inaugurazione si dovette aspettare la metà di settembre, il 17 per l’esattezza, dopo grandi preparativi.

Vicino all’apertura del porto fu eretto un padiglione in stile cinese, circondato da un giardino. E lì si accomodò la famiglia reale al completo, insieme alla corte. Per assistere alla cerimonia e scoprire la novità della trasformazione del lago arrivarono in tanti, da ogni parte dell’isola, ma anche dalla vicina Procida. L’intera manifestazione fu raccontata in dettaglio dal “Giornale Ufficiale delle Due Sicilie” del  18 settembre. Ben duecento imbarcazioni di ogni tipo, compresi velieri e vapori, entrarono pavesate a festa nel nuovo porto, dove con le loro manovre diedero vita ad un vero e proprio spettacolo, ritmato dalle salve sparate dalla fregata reale, mentre a terra si faceva musica.

Erano presenti alla cerimonia anche i Decurioni di Ischia, tutt’altro che entusiasti come il resto della folla. Loro, quel progetto del porto, lo avevano subito con grande contrarietà fin dall’inizio e, potendo, lo avrebbero anche osteggiato e magari impedito. Non pensavano ai benefici che sarebbero derivati dalla novità, in prospettiva. Nell’immediato, il porto sembrava portare svantaggi più che utilità: annullati di colpo gli introiti della pesca nel lago (che era molto pescoso) e, salasso ancora più dolente, abolizione degli 850 ducati annui procurati dall’affitto dell’antica tonnara di San Pietro, di cui era già decisa l’eliminazione essendo ormai incompatibile con la presenza del porto.

(Bibliografia: Centro Studi sull’Isola d’Ischia, Ricerche, contributi e memorie I vol. – P.Buchner “Il protomedico Francesco Buonocore e il suo casino sopra l’odierno porto d’Ischia”)

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