“Hai visto che bande ci stanno?”. Era sempre la domanda di mio padre, quando capitava a me di leggere per prima il programma delle feste, in particolare quella estiva in onore di san Giovan Giuseppe. E poi seguivano i commenti, su bande conosciute - a lui non a me – perchè già erano passate per Ischia, o su quelle che ancora dovevano essere “provate”. Papà, in effetti, aveva una propensione per le bande di fuori, quelle grandi con i cantanti lirici e un vasto repertorio, comunque legato al bel canto, tradizionale. Per lui, la festa si identificava fin da bambino con la banda e da quel richiamo dipendeva la sua discesa serale al Ponte. Ma poi, se il richiamo era quello giusto, non si perdeva neppure i matinée, quando si ritrovavano in pochi, a dire il vero, intorno al palco. Non c’era mare, spiaggia che lo distogliesse. Come, di sera, anche condizioni meteo non proprio favorevolissime. Perciò, quando arrivò il periodo in cui si voleva puntare su altri tipi di spettacoli per attirare i giovani alla festa, il commento era sempre caustico: “La festa senza la banda non è la festa, camma fa’ co ‘sti spettacoli?”. E così dava il via libera ai ricordi e raccontava delle feste di una volta, che scandivano le stagioni e la vita sociale della comunità e che avevano proprio nei concerti bandistici il loro momento clou di spettacolo e di divvertimento. Che poi era anche l’occasione, per i più, di ascoltare e di prendere confidenza con la musica.
Sinceramente, quella passione di papà per le bande non la capivo. La mia frequentazione dei concerti non comprendeva quelli per banda e, infatti, sotto quel palco pieno di luci non mi sono mai seduta. Al massimo, la banda la ascoltavo quando veniva (e ancora viene) a Casalauro il lunedì della festa e proponeva il suo repertorio di marce. Così, tra me e papà la questione era sempre argomento di simpatici battibecchi. E perciò immagino che l’altra sera si sia preso una bella rivincita: la proiezione del film di GAETANO AMALFITANO “L’Isola dei Musicanti” è stata, in fondo, la mia prima full immersion nel mondo delle bande. Un incontro, piacevole, che non avrei mai pensato potesse riservare tante sorprese. Il regista ha veramente aperto le porte di un mondo antico, complesso, affascinante. Una sorta di vaso di Pandora da cui è uscito di tutto: una storia che non ti aspetti, che inizia nell’antichità, che coinvolge lontane culture orientali, che collega e integra civiltà perfino ostili; una dimensione tutta isolana, che si incarna in tradizioni, in storie, in volti, in racconti, ma che poi assume connotazioni internazionali, addirittura globali; l’affresco di una comunità varia, complessa, competitiva, che si rivela con i suoi pregi, ma anche con le sue rivalità e negatività, nell’un caso e nell’altro sempre peculiari, l’impronta di un Dna.
A monte, c’è stato un gran lavoro di ricerca. Ricostruire nelle sue varie sfaccettature un universo così complesso non era impresa facile e non deve essere stata comoda. Anche se l’autore, Gaetano, ha avuto il vantaggio di avere un co-autore di tutto rispetto, il maestro MICHELE AMALFITANO, suo padre, che quella realtà la conosceva perfettamente, dall’interno, per esserne stato parte integrante, parte attiva, per decenni. Lui è stato il Virgilio che ha messo insieme amici, compagni di avventura, testimoni di un mondo musicale che sull’isola, nelle varie località, ha tenuto impegnate, in varie epoche e con varie esperienze, decine di persone che alla musica si sono dedicate con passione, entusiasmo, impegno e anche qualche sacrificio, creando non senza fatica la propria formazione musicale dal nulla. Con risultati anche importanti, lusinghieri, specialmente quelli che si sono identificati con successi raccolti al di fuori dell’isola. Perchè anche le bande isolane, in alcuni periodi, hanno avuto le capacità e i requisiti giusti per diventare delle grandi bande, delle bande “di giro”, chiamate e apprezzate al di là del mare. Bei ricordi, giusto motivo di orgoglio per i musicanti che hanno potuto raccontarli nel film, con dovizia di particolari, curiosità, aneddoti.
E poi la scoperta di un compositore ischitano doc come GIACINTO LAVITRANO, che lasciò Ischia come tanti altri isolani per andare a cercare fortuna in Algeria, stabilendosi a Bona, dove si formò una vera e propria colonia isolana. Un autore le cui partiture sono ancora oggi oggetto di studio nei conservatori giapponesi. Una storia incredibile, quasi la sceneggiatura di un altro film. E poi la storia della Banda di Rizzoli, un altro tassello nel mosaico della mitica epoca del Commenda che cambiò il destino dell’isola. E tante “chicche”. “Me pare a’ banda di don Petracco!”, avevo sempre sentito dire da papà… pensavo fosse un modo di dire ischitano, ho scoperto che don Petracco esisteva davvero e aveva realmente diretto una banda!
E poi il film è plasmato dai volti, dalle espressioni, dalle emozioni, dal linguaggio dei principali testimoni: PASQUALE BUONO, ANIELLO TRANI, AUGUSTO ARCAMONE, don GIUSEPPE IACONO. Degli interpreti ideali per un film complesso, articolato, caleidoscopico. Che resterà - ben oltre il percorso iniziato l’altro ieri che ci auguriamo pieno di successi - perchè racchiude pezzi importanti della storia di Ischia. Un bel modo di incontrare il mondo delle bande. Papà avrebbe avuto tanto da raccontare e commentare…