Proprio oggi l’Onu ha comunicato al mondo che i gas serra hanno raggiunto i più alti livelli degli ultimi 800 mila anni, invitando tutti gli Stati ad assumersi le proprie responsabilità per fermare un processo pericolosissimo prima di superare il punto di non ritorno. Intanto, il cambiamento climatico fa già parte a tutti gli effetti della nostra realtà, mentre gli esperti sono impegnati ad elaborare modelli e scenari fondati sui possibili sviluppi di questo fenomeno e degli altri che vi sono strettamente collegati. Come l’ACIDIFICAZIONE DEGLI OCEANI, alla cui esplorazione sta contribuendo in modo decisivo la nostra isola, grazie alle emissioni naturali di anidride carbonica individuate sotto al CASTELLO ARAGONESE, che ne hanno fatto in pochi anni il laboratorio naturale più studiato nel mondo, protagonista di ben 32 pubblicazioni e antesignano di tutti gli altri siti sottomarini da cui si sprigiona CO2 individuati dopo il nostro in Italia e all’estero. Perchè sulla scia di quanto scoperto a Ischia, ne sono stati individuati alle Eolie, a Vulcano e Panarea, in Papua Nuova Guinea, in Messico e in Giappone. Preziose aree di studio a cui potrebbero presto aggiungersene altre, tutte collocate nel mare ischitano, lungo una direttrice, comprendente anche il sito sotto al Castello, che corrisponde in profondità ad una faglia sottomarina legata alla complessa struttura geologica dell’isola e del mare che la circonda.
I quattro nuovi luoghi utiili per la ricerca sull’acidificazione sono oggetto di una comunicazione pubblicata da pochi giorni nel NOTIZIARIO SIBM (Società Internazionale di Biologia Marina) dal titolo “EMISSIONI SOMMERSE DI CO2 LUNGO LE COSTE DELL’ISOLA D’ISCHIA”, mentre nel sommario si specifica: “Rilievi su altre aree come possibili laboratori naturali per lo studio dell’acidificazione e cambiamento climatico a mare”. A firmarla è la dottoressa MARIA CRISTINA GAMBI, ricercatrice di lungo corso presso il LABORATORIO DEL BENTHOS di Ischia della STAZIONE ZOOLOGICA DI NAPOLI, che si occupa dell’acidificazione e delle indagini nel sito del Castello da circa sette anni, mentre dai primi anni Duemila studia i cambiamenti climatici in atto nel mare. La Gambi ha effettuato di recente sopralluoghi e rilievi negli altri siti con emissioni di CO2, che erano già conosciuti dai pescatori e dai subacquei e che erano stati censiti per la prima volta a livello scientifico nel 1996 dal dottor TEDESCO, insieme ad un luogo di emissioni presente all’interno del porto di Ischia, che per ovvi motivi non potrà essere utilizzato per la ricerca.
Si tratta di altre 4 aree, caratterizzate da emissioni al 95 per cento di anidride carbonica, tutte con caratteristiche diverse e peculiari e collocate a diverse profondità. Tutte maggiori dell’area del Castello, che è la più superficiale, tra gli zero e i tre metri. Di alcune di esse la conoscenza è testimoniata ancora prima degli anni ’70, mentre l’emissione a nord del Castello si è manifestata solo nei primi anni ’80, mentre l’altra vicino al Castello è stata messa in correlazione con lo sconvolgimento naturale che probabilmente mise fine alla storia di Aenaria intorno al 130-150 d.C.
Per i pescatori è da sempre ‘A VULLATURA, registrata erroneamente nel “censimento” del ’96 come “porto S.Antonio”, forse per un refuso, dato che è collocata davanti alla Spiaggia della Mandra, proprio dinnanzi alla porta della chiesa di S.Antonio, a 150 metri dalla riva. Ed è la più spettacolare delle emissioni citate da Gambi, con grosse bolle che salgono verso la superficie da una profondità dai 6 ai 3 metri, tra una rigogliosa prateria di Posidonia, peraltro molto antica, visto che la “matte”, ovvero la parte su cui si innestano le foglie verdi, supera in alcuni punti i 2 metri d’altezza. I primi rilievi sul PH hanno indicato un grado di acidità simile a quello delle zone più acidificate del Castello. E sulle foglie della Posidonia non sono presenti i caratteristici epifiti calcarei, ciò che fa di questo sito, potenzialmente, un nuovo e importante laboratorio per studiare gli effetti dell’acidità del mare sulla Posidonia e sulle specie che fanno parte del suo habitat. Perchè sono proprio gli organismi calcarei che sono minacciati dall’acidificazione degli oceani dovuta all’aumento dell’anidride carbonica nell’ambiente marino e terrestre del pianeta. Aumento abnorme, dovuto all’eccessiva emissione di gas finita quasi fuori controllo negli ultimi decenni, mentre in alcuni punti del nostro mare quelle condizioni estreme sono dovute alle emissioni gassose fredde di CO2, manifestazioni del vulcanesimo secondario come le fumarole (che però sono emissioni calde) e le sorgenti idro-termali.
Altro sito naturalmente acido, quando non vi è forte ricambio e rimescolamento dell’acqua all’interno a causa del moto ondoso, è la GROTTA DEL MAGO. Che, peraltro, è un ambiente straordinario per la sua biodiversità, visto che vi si contano 350 diverse specie animali e vegetali. Le emissioni gassose sono fuori all’ingresso, all’interno della camera grande e nel cunicolo che conduce alla seconda camera, dove non sono presenti. Data la notevole presenza dei coloratissimi Astroides, proliferati negli ultimi anni per l’aumento della temperatura del mare, lì potrebbe approfondire la correlazione tra l’acidità dell’acqua e quella specie, senza trascurare che sarebbe il primo sito acido al mondo identificato in una grotta.
Tra la Grotta del Mago e Cartaromana si trova CHIANE DEL LUME, dove Gambi ha trovato un’area di emissione in un’ampia radura tra la Posidonia. Si tratta di un grado di acidificazione più basso che altrove, le bolle sono piccole e continue e producono un effetto che Gambi definisce simile allo “champagne”. Anche lì sulle piante di Posidonia prossime all’emissione non ci sono epifiti calcarei, mentre sembrano in buone condizioni le altre specie calcificanti.
Tra tutti il sito più stupefacente e anche più inquietante è nel Canale d’Ischia sulle SECCA DELLA MADONNINA, ad una profondità notevole tra i 36 e i 48 metri. L’altra particolarità è che le emissioni sono presenti su un sostrato non sabbioso come nelle altre aree ma coralligeno, dunque con una composizione chimica la cui reazione all’acidità del mare è il fulcro della ricerca in corso a livello globale. Da una prima rilevazione i valori del PH sono risultati al di sotto della soglia di 7,8, che oggi è considerata critica per la vita degli habitat marini calcarei e sulla quale si basano le simulazioni e gli scenari più pessimistici degli scienziati per i prossimi decenni. In effetti, Gambi ha rilevato che dove vi sono le emissioni non vi è traccia di gorgonie, di briozoi, di alcune specie di spugne, degli organismi caratteristici del coralligeno. Insomma, un ambiente estremamente povero di varietà biologica. L’altra faccia, ad appena 400 metri di distanza, dalle vicine secche di Catena e Pertuso, che invece per la varietà di specie animali e vegetali, per la magnificenza delle varie forme di vita sono due gioielli assoluti dei fondali ischitani e del Golfo di Napoli, tanto da essere state protette come zona A nell’Area Marina Protetta. Potrebbero trasformarsi anch’esse in futuro in un deserto come la secca della Madonnina per effetto dell’acidificazione degli oceani? La comparazione tra quelle due facce dello stesso ambiente calcareo potrebbe essere di grande interesse scientifico.
In contemporanea con il suo articolo, Gambi ha proposto alla Società di Biologia Marina la CREAZIONE DI UN GRUPPO DI LAVORO E LA REALIZZAZIONE DI UN WORKSHOP NAZIONALE SUL “CLIMATE CHANGE” E L’ACIDIFICAZIONE MARINA, per coordinare, concordare e concretizzare scambi e collaborazioni tra i gruppi di ricerca italiani e con gli omologhi esteri e per definire insieme protocolli comuni di ricerca. E in questo quadro ha lanciato l’idea di organizzare il workshop presso Villa Dohrn a Ischia e di inserire anche gli altri siti “acidi” del nostro mare nei futuri progetti di ricerca sull’acidificazione, per ampliare e approfondire gli studi già in corso nell’area sotto il Castello.