Mentre i tecnici studiano (!) sulle spiagge devastate il turismo balneare ha ancora un futuro?

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La condotta fognaria a mare

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Oltre la strada

Mentre in Comune, stamattina, si teneva la riunione sui fondi da ottenere per l’ennesimo ripascimento, sulle spiagge devastate dallo scirocco il sole splendente metteva ancora più in evidenza le ferite rimaste. Tante, profonde, in qualche tratto difficili da curare. Sono passate un paio di settimane ormai, ma l’impressione è di essersi fermati al giorno successivo alla tempesta. Perciò anche Sindaco e assessori, che impegnatissimi nel governare New York non hanno trovato finora il tempo neppure di una veloce visita, potrebbero ancora venire a rendersi conto di come stanno le cose in questo pezzo di Ischia. Sulla strada interna, che costeggia(va) la Spiaggia dei Pescatori divorata dalle onde e che ora confina direttamente con il mare, c’è ancora uno strato di sabbia lì dove non sono arrivate le pale dei residenti. E mucchi di foglie secche di Posidonia sono depositati ai lati e alla base dei lampioni. Al di là del muretto, la risacca colpisce dolcemente il largo cordolo di cemento che racchiude la condotta fognaria. La mareggiata lo ha liberato completamente dalla sabbia in cui era immerso e lo ha anche spezzato, mettendo allo scoperto i tubi bianchi che ora sono alla mercè delle onde. Come altri tubi arancioni immersi nell’acqua, che ora è dovunque. E solo pochi centimetri più in basso del livello stradale. Ormai basta davvero poco perchè il mare invada la strada e arrivi alle case. Non serve neppure uno scirocco violento come quello d’inizio mese. Ed è lui, lo scirocco, che resta lo spauracchio per chi là vive e lavora. “Ormai fa sempre scirocco – commentano due anziani pescatori seduti nel “loro” angolo, dove si ritrovano ogni mattina quando è buon tempo – ci vorrebbero il maestrale, il ponente, ma si vedono poco e sono deboli, invece lo scirocco arriva forte e si porta tutto”.

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Ancora sabbia sulla strada

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Tedeschi a passeggio

In effetti, è già tanto quello che si è portato via. Metri e metri di spiaggia lungo tutto il litorale ischitano. E la fiducia di chi si è ritrovato ancora a combattere una battaglia persa contro la furia degli elementi. Dopo i colpi  pesanti subiti anche negli anni passati. Davanti al mare ora calmo e pacifico fa ancora più impressione la distruzione circostante. Tubi tranciati, impianti devastati, strutture divelte. La conta dei danni procede e lo sconforto sembra prevalere alla voglia di ricominciare, di nuovo. “Mi hanno chiamato i ragazzi che lavorano con me – dice uno degli operatori balneari più colpiti – volevano sapere se riprendiamo a primavera. Che gli dovevo rispondere? Venite a vedere, gli ho detto. Contano su questo lavoro stagionale, ma non so se riuscirò a garantirlo ancora a loro e a me. Qua è tutto da rifare, dagli impianti al resto. Ci vogliono decine di migliaia di euro, per fare che? Negli ultimi due anni, per rimettere a posto i danni ne ho già spesi tanti e ecco qua com’è finita. Per quello che si guadagna poi…La gente pensa che noi facciamo la vita dei nababbi, ma lo sanno come lavoriamo adesso?”.

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Residui della mareggiata

Non c’è dubbio che l’attività balneare è stata florida in passato e che le spiagge sono state considerate dall’esterno delle piccole miniere per chi le aveva in concessione. Ma obiettivamente tra la crisi generale, quella del turismo tradizionale da villeggiatura e il costante restringimento degli arenili, la situazione è cambiata. E i conti sono presto aggiornati. “I clienti sono diminuiti tantissimo - racconta il nostro interlocutore - c’entra la crisi, di soldi non ce ne stanno, e senza spiaggia abbiamo perso altri clienti. Quest’anno i lettini stavano nell’acqua, perchè già la sabbia era poca, e chi ha i bambini non ci viene più qua. Chiediamo agli alberghi di mandarci i clienti, gratis lettino e ombrellone (ma lo scontrino lo debbo fare lo stesso), perchè speriamo che prendano un caffè, un gelato o mangino un panino. Il turismo balneare è a minimi termini e quest’anno a luglio per il maltempo non si è lavorato. Gli introiti sono al minimo, ma le spese corrono. Solo di Tarsu per quattro mesi devo pagare 5mila euro. Altre migliaia di euro vanno per l’Iva, poi c’è l’Inps mia e gli stipendi e i contributi per il personale e le spese, sempre di migliaia di euro all’anno, per la concessione”. Soldi che vanno al demanio, ma anche in parte con le addizionali alla Regione e anche il Comune introita qualcosa ad inizio stagione. “Se a queste spese, devo aggiungere le decine di migliaia di euro per rimettere in piedi lo stabilimento, senza la spiaggia e, quindi, senza lo spazio per lavorare, non ha senso, è una pazzia. Conviene far venire una ruspa, buttare via tutto, rinunciare alla concessione e restituire il pezzo di spiaggia che non c’è più. Certo, così non avremo più un lavoro, sono 4 famiglie che restano a secco. Investo in queste condizioni, per ritrovarmi un’altra volta allo stesso punto l’anno prossimo?”.

L’eventualità di un ripascimento non cambia la prospettiva. Ne sono già stati fatti di questi interventi, ma sono delle costose toppe che non cambiano la sostanza: senza un nuovo sistema di scogliere fatte bene, lo scirocco continuerà a mangiarsi il litorale ischitano e a ingoiare la sabbia buttata a mare con i ripascimenti periodici. Lo avranno capito gli “scienziati” di Napoli? Chissà…

 

L’eventualità

 

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