Nel 70° dell’Antoniana, chiusura o rilancio per l’unica biblioteca pubblica dell’isola?

IMG_0206Questo è l’anno di un importante anniversario, i settant’anni della Biblioteca Antoniana. Fondata nel 1944 da monsignor Onofrio Buonocore, con il sostegno e il supporto dell’intellighenzia isolana del tempo. In un paese normale, in previsione di questo particolarissimo compleanno che cadrà il 13 giugno, ci si sarebbe cominciati ad attivare per ricordare e onorare degnamente quella ricorrenza con un programma di iniziative all’altezza. A Ischia, tutto questo passa necessariamente in secondo piano.  E anche oltre. Perchè per come stanno le cose, c’è veramente poco da festeggiare. E, soprattutto, perchè si potrebbe considerare già un miracolo se l’Antoniana arrivasse aperta e ben funzionante all’inizio del suo ottavo decennio di vita. Già, perchè se la passa male l’unica biblioteca pubblica dell’isola. Ancora una volta, nella sua storia recente, vittima della trascuratezza, del disinteresse e della disorganizzazione del Comune. Che la tratta come un peso, come un fastidioso ingombro, più che come un pezzo pregiato del patrimonio collettivo da preservare e valorizzare a tutti i costi. Anche in un periodo di vacche magre, con qualche sacrificio e qualche idea. E soprattutto con quell’impegno e quella buona volontà che invece non mancano, anzi vengono generosamente profusi, quando ci sono da progettare opere milionarie  e da aggiudicarsi lauti finanziamenti europei.

Nel suo settantesimo anno di vita, l’Antoniana si presenta alla festa in vesti lacere, neppure rattoppate. Aperta ancora al pubblico, ogni giorno, solo grazie all’impegno personale e alla dedizione dei volontari che dal giugno 2013 si sono resi disponibili rispondendo alla sollecitazione del Centro Studi sull’Isola d’Ischia. L’associazione, che ebbe anch’essa monsignor Buonocore tra i suoi soci fondatori, si è fatta carico dallo scorso anno di garantire il funzionamento della biblioteca, che rischiava seriamente di chiudere i battenti.

Esattamente un anno fa, in febbraio,  erano stati nettamente ridimensionati gli orari e ridotti ad appena due alla settimana i giorni di apertura dell’Antoniana. Il segnale di una crisi profonda, la più dura da quando il  7 aprile 2001, la biblioteca comunale era tornata finalmente fruibile, dopo un lungo periodo di chiusura e di completa ristrutturazione. Alla fine, sono passati tredici anni, non molti quindi, anche se la struttura della Mandra è già piuttosto malridotta. Conseguenza diretta e evidente della pessima abitudine (?) tutta ischitana di ignorare la manutenzione ordinaria, che andrebbe fatta ogni anno con modesti interventi per una altrettanto modesta spesa, lasciando andare in rovina i beni pubblici, fino alla nuova ristrutturazione in grande stile.

Il degrado, tuttavia, non riguarda solo muri e soffitti. Ma anche la dotazione minima di apparecchiature ormai necessarie per una moderna gestione e fruizione della biblioteca. Non si può contare nemmeno su una fotocopiatrice, su una stampante, su ausili minimi all’utenza. E anche l’uso dei computer incontra difficoltà per i mancati aggiornamenti. E dire che uno dei punti di forza della nuova Antoniana era stato di offrire già qualche anno fa – grazie ad un progetto della Provincia ereditato dal Comune – delle postazioni collegate con Internet, a disposizione dei cittadini. Niente più personale dedicato, sostituito dai benemeriti volontari del Centro Studi, e perfino l’attività di pulizia dei locali ridotta al lumicino, tanto da non riuscire a garantire più neppure la decenza dei bagni.

Servizi a costo zero, la geniale trovata del Comune. Passi per il ricorso al volontariato gratuito in luogo di personale dipendente dedicato, ma  fino a che punto si può spingere la formula magica del “costo zero” nella gestione del patrimonio comunale, compresi i suoi pezzi più pregiati? Fino al punto di far prevalere il degrado e di accrescere a dismisura i costi di manutenzione a seguito di un prolungato abbandono? Ha senso questo sistema, anche solo dal punto di vista economico e della spending review?

Di sicuro, non ha senso che, invece di prepararsi a festeggiare il settantesimo dell’Antoniana, ci si debba preoccupare della sua sopravvivenza. Anche se una biblioteca, l’unica pubblica dell’isola, non può limitarsi a sopravvivere, ma centro vivo di cultura. A beneficio degli isolani e senza dimenticare i tanti turisti che negli anni l’hanno frequentata, anche per usufruire del suo vastissimo patrimonio di opere di varie epoche dedicate all’isola d’Ischia. Vogliamo fare di questo 2014 l’anno del rilancio dell’Antoniana, nel rispetto del suo passato e del nostro futuro?

 

 

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