20 anni dell’Archivio Storico Diocesano, così è stato salvato un prezioso patrimonio documentario

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La sede nel Palazzo vescovile al Ponte

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La pergamena del Vescovo Giovanni di Sicilia, 15 luglio 1449

Negli ultimi mesi è stato spesso al centro dell’attenzione e ha fatto molto  parlare di sè. Come non era mai capitato durante la sua vita ormai ventennale. Almeno quella ufficiale, iniziata dal decreto istitutivo del 5 marzo 1995, con il quale l’allora vescovo ANTONIO PAGANO riconosceva anche formalmente la dignità di Archivio Storico Diocesano ad un patrimonio documentario plurisecolare di grande valore, ma ancora largamente disperso e solo parzialmente conosciuto, valutato e studiato. E ci sono voluti tutti questi vent’anni per colmare quelle lacune e arrivare a garantire a quell’insieme di testimonianze cartacee la tutela e la cura che merita, oltre a renderlo disponibile alla fruizione di esperti e studiosi. E ad avviare una sistematica operazione di approfondimento, che di recente ha aperto la fase della pubblicazione degli atti con l’uscita del primo dei Quaderni dell’Archivio Storico Diocesano, dedicato alle vicende della Diocesi d’Ischia e dei suoi pastori, vescovi e parroci, dall’XI-XII secolo fino ai nostri giorni.

All’origine del decreto del ’95 vi fu un’opportunità logistica che mai si era presentata prima. Con la ristrutturazione appena ultimata del Palazzo vescovile di Ischia Ponte e il recupero di tutti gli spazi utilizzati per secoli dal Seminario, si rese disponibile il terzo piano e, un piano di scale più su, anche altre tre stanze, con affaccio sul più bel panorama del golfo. Quell’”appartamentino”, praticamente una mansarda, fu destinato a sede dell’Archivio, la cui istituzione era indicata come obiettivo dalla Cei (Conferenza Episcopale Italiana) a tutte le Diocesi. Ciò che era sempre mancato prima, condannando le carte della Chiesa ischitana per quasi due secoli a sistemazioni provvisorie e di fortuna, sparse in vari luoghi e strutture, con un rischio costante di dispersione se non si distruzione. Che poi non sarebbe stata una novità, visto che era andata così per secoli. In parte per colpa di eventi naturali, come l’eruzione d’inizio Trecento che ci ha privato di tutti i documenti precedenti, poi di eventi distruttivi, come l’incendio verificatosi durante la pestilenza del 1656 che distrusse altri importanti testi scritti. Ma fu soprattutto l’occupazione del Seminario da parte dei soldati francesi per diversi anni ai primi dell’800, che inflisse il colpo più duro all’antico archivio, riducendolo al lumicino.

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I tre artefici dell’Archivio Storico Diocesano

Se la nuova sede l’ha facilitata, la rinascita dell’archivio negli ultimi decenni è dovuta all’impegno, alla dedizione e alla preparazione culturale di alcuni benemeriti. Il primo nome non può che essere quello di monsignor CAMILLO D’AMBRA, che cominciò ad occuparsi di quelle carte dimenticate quando nessuno se ne occupava. Dato che erano sepolte nei luoghi più disparati, quando gli capitava di trovarle o che qualcuno, riordinando armadi e cassetti, gliene segnalasse l’esistenza, si preoccupava di raccoglierle e di metterle al sicuro negli spazi liberi di cui di volta in volta poteva usufruire presso la Curia o altri edifici sacri. Salvare i documenti e riunirli è stata a lungo la missione culturale che don Camillo si è prefisso e che è risultata determinante per raggiungere i risultati di oggi. Fu dunque a lui che il Vescovo Pagano affidò la responsabilità dell’Archivio, vent’anni fa. E finalmente il capo archivista poté trasferire nella sede deputata tutte le carte pazientemente messe insieme fino ad allora. “Don Camillo continuava a raccogliere documenti e ad ordinarli. Per i fascicoli utilizzava solitamente i manifesti di feste religiose, che sono diventati anch’essi testimonianze della loro epoca. E’ grazie a lui se esiste ancora l’Archivio diocesano”, dice il professor AGOSTINO DI LUSTRO, storico e ricercatore, che di d’Ambra è il degno successore come archivista responsabile. Un’attività a cui si dedica con passione e costanza, condividendo da qualche anno il certosino lavoro di catalogazione, riordino e studio con la dottoressa ERNESTA MAZZELLA, che di recente ha firmato con lui anche il primo Quaderno della serie.

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Di Lustro e Mazzella

Nonostante le perdite, la dotazione attuale dell’Archivio è di tutto rispetto. “Abbiamo la documentazione della Curia vescovile e dei suoi vari uffici – spiega Di Lustro – atti della Cattedrale, dei canonici e dei vari benefici, dei processetti matrimoniali e circa duecento pergamene originali. Non abbiamo quasi nulla sulle visite pastorali, che pure è un aspetto importante, e sul tribunale ecclesiastico, poco sui Sinodi. Sono andati perduti documenti di straordinaria importanza, ci mancano interi periodi. Per due secoli non si provvide all’archiviazione, anche perchè i Vescovi del passato, pur essendo spesso molto colti, non erano interessati a questo aspetto”. Perciò, il delicato e complesso lavoro di ricostruzione della storia della Chiesa ischitana, che poi s’intreccia con quella dell’isola nei suoi vari aspetti (politico-sociale, economico, culturale), passa attraverso lo studio integrato della documentazione dell’Archivio con quella delle parrocchie, delle confraternite, ma anche degli archivi fuori dell’isola, frequentati da tempo da Di Lustro, che vi ha scovato abbondante materiale per le sue ricerche e pubblicazioni.

Completata la lunga operazione di riordino e di inventariazione, oltre a proseguire l’attività di approfondimento e di studio, grande attenzione è riservata in questa fase alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio documentario disponibile. Che comprende ora anche un fondo fotografico relativo agli ultimi Vescovi. “Abbiamo avviato l’informatizzazione dell’Archivio – illustra Ernesta Mazzella – secondo l’input che è venuto dalla Cei a tutti gli archivi diocesani. E siamo già in rete, come Archivio, nel sito della Cei. Contiamo di portare a termine questo lavoro anche per dare risposta agli utenti che, in numero crescente, ci stanno contattando on line, anche dall’estero”. In particolare, diversi cittadini francesi di origine isolana hanno preso contatti con l’Archivio diocesano per ricostruire i loro alberi genealogici. La scelta più opportuna e utile. E anche la sola praticabile per avere un risultato. Dopo tante vicissitudini e avendo corso anch’esso il rischio di scomparire, infatti, l’Archivio iocesano è l’unico  dell’isola al sicuro, bene ordinato, accessibile al pubblico e fruibile. Un esempio incoraggiante ed edificante, rispetto al deserto degli archivi storici comunali ancora abbandonati e dimenticati.

 

 

 

 

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