E’ l’ultimo addio dei tanti che hanno segnato le ultime difficili stagioni del commercio ischitano. Un ritiro che pesa, anche sul quadro complessivo dell’offerta commerciale ischitana. Perchè con la chiusura del negozio di fiorista di via Roma, ormai in tutto il centro di Ischia, dal Ponte al Porto, non è rimasta che una sola rivendita di fiori e piante. Il che è abbastanza inconsueto in una località turistica come la nostra. Dove, del resto, continuano ad abbassarsi un po’ dovunque saracinesche di esercizi anche di lungo corso. In alcuni casi, dei punti di riferimento consolidati, presenze che hanno accompagnato la vita del paese nel corso degli ultimi decenni, quasi dei locali storici, il cui sacrificio non passa inosservato e dà il senso di una cambiamento veloce e profondo, che ormai ha sempre più il sapore amaro del declino.
Stava lì da settant’anni, nel luogo dello shopping per eccellenza, il negozio che in questo periodo portava i profumi e i colori della primavera fin nel cuore di Ischia. Un locale piccolo, ma sufficiente ad ospitare in ogni stagione la più ampia varietà di fiori e piante, spesso componenti di piacevoli composizioni che rappresentavano un’attrattiva in più tra le rutilanti vetrine lungo la strada del passeggio. Una realtà da coniugare al passato, ormai, visto che non si tratta di una chiusura temporanea, ma di una cessazione di attività. Una delle tante che si stanno registrando negli ultimi anni. Anche se in questo caso, come in quello di altri esercizi particolari e radicati, la novità ha prodotto molto stupore, spesso accompagnato dal rammarico per un altro pezzetto di Ischia che finisce nell’album dei ricordi. E dalla consapevolezza che sul fronte del commercio a Ischia si è già andati ben oltre i limiti del normale, fisiologico turn over che, in condizioni di normalità, è perfino un segno di vitalità del settore.
Da un capo all’altro del paese (altro che Città…) la moria di attività commerciali ha superato abbondantemente il limite di guardia. E se il fenomeno si è fatto più macroscopico negli ultimi tempi, come denuncia il venir meno anche dei riferimenti più solidi, è però in atto da diversi anni, ancora prima cioè di poterne attribuire tutta la responsabilità alla crisi che ancora morde furiosamente in ogni angolo d’Italia, Ischia compresa. Perchè il problema è che le difficoltà del settore commerciale, a Ischia, sono più datate (e quindi pesanti) di quelle che ci affliggono a livello nazionale. Infatti, sono da ascriversi ancora oggi per la gran parte al regresso dell’economia locale, che è conseguenza diretta della crisi, troppo a lungo misconosciuta e abbandonata a sè stessa, del turismo. Il settore trainante (ex), che non è riesce più a svolgere la sua funzione, o comunque non più in modo sufficiente a tenere in piedi (men che meno in salute) il cosiddetto “sistema Ischia”. Di cui a questo punto si contano i pezzi o si osservano le macerie, per quel che ne rimane.
E’ l’offerta ischitana che sta andando alla deriva, nel suo complesso. La perdita progressiva di quote di mercato importanti per l’industria turistica locale non poteva essere, e infatti non è stata, indolore. Ha colpito il settore ricettivo, che sta rispondendo in modo non di rado ancora più depressivo e controproducente. E con i prezzi incredibili che girano negli alberghi, a dimostrazione di un’offerta che sta incredibilmente affondando, come si può sperare, anche per la stagione che sta per iniziare, in margini utili a ridare fiato agli altri settori economici, a cominciare proprio dal commercio?
Eppure, di fronte a un’emergenza già evidente e conclamata, è quasi passato un altro inverno del tutto inutilmente. Nessuna delle questioni nodali che si sarebbero dovute e potute affrontare in modo collaborativo e sinergico tra amministrazioni e associazioni e rappresentanze delle categorie economiche interessate, è stata neppure sfiorata. Le amministrazioni continuano a seguire le vicissitudini drammatiche del tessuto economico dell’isola da spettatrici estranee, distratte, incapaci di promuovere alcunchè, di formulare proposte, di dare impulso a qualche processo utile, di offrire – almeno - al confronto una prospettiva, una visione d’insieme della situazione. La società civile, associazioni comprese, appare narcotizzata e (ancora peggio) rassegnata. E così non c’è una risposta e neppure un tentativo di reazione collettiva. Chi ha il problema se lo tiene e non di rado se lo piange, potendo contare al massimo sul dispiacere e sull’affetto di amici e conoscenti, ma sempre in una logica personale, privata, che nulla ha a che vedere con una politica (?) o una strategia di largo respiro che punti a salvare e poi a rilanciare il “sistema”. Ma in questo modo, su quali scogli andrà ad infrangersi la barca Ischia? E a quante altre saracinesche abbassate dovremo fare l’occhio?