Quanti prodotti ischitani mangiate? Quattro parole semplici e immediate, con l’interrogativo finale, che Carlo Petrini ha rivolto al folto e variegato pubblico presente venerdì all’incontro di Slow Food al Calise. La risposta, in sala, è stata scontata, ma non facile. Perchè nella stragrande maggioranza, dopo una rapida rassegna mentale, abbiamo dovuto convenire che l’opzione non poteva che essere una: POCHI. Non nessuno magari, perchè almeno un limone nato e cresciuto a Ischia lo si deve essere consumato per forza, anche se non si ha neppure un vaso sul balcone. Eppure è un dato di fatto che anche coloro che sono impegnati a coltivare un orto o che cercano di consumare verdure e frutti genuini, fanno fatica ad andare oltre quella parola “pochi”. Ma è pur vero che negli ultimi anni, in linea con una tendenza che si registra peraltro anche a livello nazionale, a Ischia è cresciuto il numero di quanti si dedicano all’orto, con impegno ed entusiasmo. Così come si moltiplicano, pure grazie al web, scambi di prodotti a chilometro zero. E si notano sempre più di frequente pezzi di terra incolti o abbandonati dove si è tornati a piantare alberi da frutto e ortaggi. Insomma, sembra che sia in atto un’inversione di tendenza rispetto all’indifferenza, talvolta addirittura al disprezzo, che per decenni hanno contraddistinto il rapporto di tanti isolani con la terra. LA TERRA DEI LORO PADRI.
E’ legato a questo nuovo fermento l’inizio di una riflessione sul rilancio dell’agricoltura, che fino a qualche decennio fa era appannaggio di qualche gruppo ristretto di amici in vena di utopie. Non è certo un caso che in pochi mesi vi siano stati già diversi momenti pubblici di discussione e di confronto su un argomento che non solo non è più tabù, ma che incontra un interesse crescente. Nè che intorno alla nascita della scuola di Agraria a Fontana ci sia tanta mobilitazione da parte dello stesso mondo della scuola, impensabile fino a qualche tempo fa. Come la netta scelta di campo del Comune di Serrara Fontana, che ha individuato nel nuovo istituto l’occasione per riscoprire e valorizzare una vocazione economico-ecologica che in passato, come nel resto dell’isola, era stata pesantemente mortificata e misconosciuta. Con pesanti ricadute su tutte le politiche di gestione del territorio, di cui si soffrono ancora – e chissà per quanto altro tempo – gli effetti devastanti.
La stessa attenzione, lo stesso fermento positivo non si notano, invece, sul fronte dell’ALLEANZA TURISMO-AGRICOLTURA, che è determinante per la salute dell’economia isolana e per offrire delle opportunità ai giovani. La questione è di strettissima attualità già da qualche anno, proprio in considerazione delle esigenze che manifestano in modo sempre più evidente i turisti, soprattutto gli stranieri, e sulle quali orientano le scelte delle destinazioni dei loro viaggi. I dati descrivono un interesse crescente dei viaggiatori per un’offerta turistica qualificata a livello ambientale e questo vale tanto più per l’isola che si propone come meta ideale per chi voglia curare durante la vacanza la propria salute e il proprio benessere. E questo presuppone aria salubre, un ambiente naturale curato che conserva le sue caratteristiche peculiari (nonostante le aggressioni subite) e CIBO SANO E GENUINO. MEGLIO SE BIO E A CHILOMETRO ZERO. Meglio ancora se se ne conosce(sse) la zona d’origine e l’azienda produttrice. Prodotti il cui valore sarebbe certamente maggiore se fossero soddisfatte queste condizioni, rendendo più remunerativo e interessante il reddito del produttore agricolo.
La grande alleanza dovrebbe cominciare dalle tavole delle strutture ricettive, per proseguire su quelle dei ristoranti, dove però già si attinge di più ad alcuni prodotti isolani. Quanti alberghi utilizzano prodotti locali e li propongono ai loro ospiti, valorizzandone l’origine e le caratteristiche, che sarebbero molto qualificanti per la loro stessa offerta? Quanti servono regolarmente vino ischitano (vero, non “pezzottato”)? Pochi, molto pochi. Una percentuale ancora molto inferiore rispetto a quella già bassa dei privati cittadini che consumano frutti degli orti isolani.
Si può obiettare che le produzioni sono minime. Già, ma non ci sarà alcun motivo nè incentivo a fare meglio se non vi sarà uno sbocco commerciale adeguato. Perciò è necessario che l’alleanza turismo-agricoltura diventi operativa al più presto e che cominci a concretizzarsi in scelte e orientamenti precisi da parte del settore attualmente più forte. Che può essere volano per un’agricoltura sostenibile. Elemento essenziale, tra l’altro, di quella tutela del territorio e del paesaggio da cui dipendono la credibilità e capacità attrattiva dell’offerta turistica dell’Isola Verde.
Perciò, al di là delle facili battute sugli avvenimenti e i gossip recenti, è davvero il tempo di un’assemblea degli operatori del turismo per promuovere e “adottare” vini e non solo…Tutto di comprovata origine ischitana, naturalmente…