Stavolta ci sono riusciti. Non erano andati a buon fine, negli anni scorsi, i tentativi “individuali”, le spinte in avanti di chi si era fatto pure il viaggio a Roma per convincere il Ministero ad un passo che non verrebbe in mente a nessuno dei tanti altri Sindaci che in Italia gestiscono le Aree Marine Protette dei loro territori, spesso isole. Chi ragionevolmente arriverebbe a darsi la zappa sui piedi, dichiarando contemporaneamente anche la propria inadeguatezza, nel chiedere di essere esautorato da un ruolo che dovrebbe esercitare nell’interesse dei suoi concittadini? Ebbene (anzi, e male) a Ischia eravamo arrivati anche a questo. Ma allora senza successo, nel senso che i referenti del ministero di viale Cristoforo Colombo non avevano accolto le pressanti sollecitazioni di qualche primo cittadino isolano, rimandandolo a casa con le pive nel sacco. Questione di anni, però. E di pazienza, determinazione, pervicacia. Finchè l’operazione è andata a mal fine. E a Roma si sono decisi che non era il caso di lasciare ancora “Il Regno di Nettuno” alle “cure” dei sette Comuni interessati. Un vero capolavoro, di quelli che solo i nostri lungimiranti e capaci amministratori isolani riescono a confezionare, a spese di quei “territori” di cui hanno preso l’abitudine di riempirsi la bocca in ossequio al nuovo gergo “politichese” imperante. Novelli Creso al contrario, che trasformano in sabbie mobili tutto quello che toccano.
Dunque, LA CRISI DEL SETTIMO ANNO ha regalato al Regno di Nettuno la soluzione che era stata bocciata fin da quando, intorno al 2000, era iniziato a Ischia il dibattito sull’istituzione, già prevista da tempo dal legislatore, di un’Area Marina Protetta delle Isole Flegree. Tutto il lavoro di studio e di approfondimento delle tematiche connesse ad un’AMP, compiuto in quel periodo dalle associazioni, gruppi, cittadini e espressioni le più varie della società civile isolana organizzati nell’Assomare, partiva dalle esperienze dei parchi marini già esistenti per verificarne la fattibilità e l’appropriatezza rispetto alla realtà locale. E quest’analisi aveva messo in luce come le GESTIONI più DEBOLI e INADEGUATE rispetto alle grandi potenzialità delle aree marine - a mare ma anche nei territori collegati – fossero quelle affidate alle CAPITANERIE DI PORTO, focalizzate gioco forza sugli aspetti strettamente amministrativi e burocratici. Di contro, le performance più efficienti ed efficaci erano quelle garantite dal coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali o degli enti parco (lì dove i parchi marini si saldano a quelli terrestri, come abbiamo verificato di recente a proposito del Parco delle Cinque Terre) o, per le AMP solitamente più piccole, dalle associazioni ambientaliste. Da questo scaturì l’idea che a gestire il futuro Regno di Nettuno sarebbe stato opportuno che fosse un CONSORZIO DEI SETTE COMUNI ISOLANI.
E questa proposta rientrava anche nell’impostazione generale che, da Ischia, si era voluta dare al processo istitutivo del Regno: cercare di evitare che si trattasse di un vestito preconfezionato e imposto da Roma, “calato dall’alto” secondo una definizione nota, e invece contribuire attivamente e indirizzare la realizzazione del vestito da parte di chi lo avrebbe dovuto indossare, in base alle sue misure, alle sue esigenze, alle sue speranze. Su questa base si creò a Ischia, come non era accaduto in nessun’altra parte d’Italia, un’ampia e convinta partecipazione, che portò ad elaborare una piattaforma di proposte ritenuta valida dal Ministero dell’Ambiente, che accettò di avere i Comuni e l’Assomare come interlocutori diretti in tutte le fasi di elaborazione e preparazione dell’AMP.
Fu così che già il 3 FEBBRAIO 2001 i Sindaci dei sette Comuni di Ischia e Procida firmarono l’atto costitutivo del Consorzio che si candidava alla gestione dell’AMP. Qualche giorno dopo, a Roma, avvenne la consegna al Ministero dello studio di fattibilità, frutto di oltre un anno di lavoro nel mare di Ischia, Vivara e Procida da parte del Laboratorio di Ecologia del Benthos, con varie collaborazioni specialistiche di alto profilo scientifico.
Tenuto in stand-by durante la lunga gestazione “politica” dell’AMP, il CONSORZIO intercomunale VENNE ATTIVATO NELL’OTTOBRE 2007, quando, ormai nell’imminenza dell’istituzione del Regno, vi era la necessità che il soggetto affidatario si facesse trovare pronto ad operare. Era il periodo in cui Procida stava sull’Aventino rispetto all’Area Marina, e quindi non partecipò alla prima Assemblea dei Sindaci del Consorzio, presieduta da Tuta Irace, che nominò il primo Consiglio di Amministrazione, presidente Albino Ambrosio, vicepresidente Bruno Molinaro. Nel DICEMBRE 2007, il ministro dell’Ambiente firmò il DECRETO ISTITUTIVO DELL’AMP, che poi fu FORMALIZZATO con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale NELL’APRILE 2008. E contestualmente avvenne l’AFFIDAMENTO DELLA GESTIONE AL CONSORZIO intercomunale appositamente creato.
Purtroppo, lo strumento gestionale che altrove ha consentito di trasformare le Aree Marine in grandi opportunità per il mare e per i territori coinvolti, è stato affossato dai Comuni che ne dovevano essere i protagonisti in positivo. Nell’interesse delle popolazioni, che è stato ignorato in questi anni. E che con il commissariamento viene ora pregiudicato. Si spera non per sempre.
UN CAPOLAVORO DI MIOPIA, INETTITUDINE, INCAPACITA’, MANCANZA DI VISIONE. E’ CIO’ CHE HANNO PARTORITO QUESTE AMMINISTRAZIONI PER I CITTADINI DELLE ISOLE ARRIVANDO A FARSI SOTTRARRE DAL MINISTERO DELL’AMBIENTE LA GESTIONE DELL’AREA MARINA. IL CONTRARIO DELLA POLITICA. E DELL’INTERESSE COMUNE. UN FALLIMENTO MACROSCOPICO, SU CUI E’ ELOQUENTE ANCHE IL LORO SILENZIO. COMPLIMENTI!!!