Qualche mese fa se n’è discusso in un’aula di tribunale, dopo anni, decenni di attesa. Ed è solo di sedici giorni fa la sentenza che ha lasciato ancora tutto da scrivere il capitolo sulla ricerca della verità di una delle tante stragi che hanno funestato la storia della Repubblica. Una strage che a Ischia si identifica con la figura di una ragazzina, appena dodicenne, FEDERICA TAGLIALATELA, che tra le lamiere contorte di un treno, all’antivigilia di Natale, lasciò il suo futuro. Con altre 15 persone, di varie età e provenienze, in viaggio da Napoli verso Milano per le festività natalizie. Un viaggio tranquillo, sereno, anche piacevole fin quando non fu trasformato in tragedia poco prima di Bologna da una bomba assassina. Nella stessa galleria teatro di un’altra strage di innocenti, su un altro treno dal nome ormai sinistro, l’Italicus. Non meno di quel RAPIDO 904, il “treno di Natale”, come viene ricordato. Sempre meno, peraltro, dalla stampa, dall’opinione pubblica e anche dalla giustizia. Perchè quella che insanguinò l’Italia il 23 dicembre 1984 è “LA STRAGE DIMENTICATA”, come l’ha definita nel titolo del suo libro la giornalista GIULIANA COVELLA. Che oggi è tornata a Ischia per presentare il suo lavoro di ricerca e approfondimento alla Biblioteca Antoniana, a cura del Centro Studi Isola d’Ischia e della Fondazione Federica Taglialatela.
Una presentazione c’era stata già qualche mese alla scuola media “Scotti” di Ischia. La scuola che frequentava Federica e che negli anni recenti ha promosso iniziative per ricordarla e farla conoscere ai suoi coetanei di oggi. Ma era importante che si parlasse anche al di fuori della scuola della storia di quel treno e delle persone che su di esso hanno avuta distrutta la vita. Innanzitutto, le 16 vittime e i 260 feriti, tra cui GIOACCHINO TAGLIALATELA, il padre di Federica, che a causa di quelle ferite e del dolore per la perdita della figlia perse anch’egli la vita, un anno più tardi. Ma anche i familiari delle vittime e i sopravvissuti alla tragedia, viaggiatori e personale di quel treno devastato dalla furia criminale di mani che la giustizia, in trent’anni, non ha ancora identificato e condannato.
E dai nomi delle vittime, così come avviene ogni anno nella commemorazione del 23 dicembre presso la Stazione Centrale di Napoli, ha iniziato GIANNI VUOSO, impegnato fin da quando era presidente del Distretto Scolastico a tener viva la memoria di quella strage e delle sue vittime isolane. A cui ha dedicato un ricordo personale il presidente del Centro Studi, ANTONINO ITALIANO, che poi ha sottolineato la delusione da cittadino per la mancata emersione della verità su quell’orrendo delitto, rimasto finora impunito.
E a confermarlo è stato l’esito del recente processo, durato solo pochi mesi, dal 25 novembre 2014 al 14 aprile scorso, che ha assolto Totò Riina, imputato di essere stato l’ispiratore e il mandante della strage. “Non è stato Riina, va bene, ma allora chi è stato? – ha detto la presidente dell’Associazione Familiari Vittime della Strage del Treno 904, ROSARIA MANZO – Per quale motivo è stata compiuta questa strage contro dei civili? Si è fatto tutto per scoprire la verità su quanto è accaduto?”. La presidente si è rammaricata del fatto che di quella strage si parli poco e che perfino il processo sia passato quasi inosservato, mentre è necessario tener viva la memoria delle persone colpite e di quei tragici fatti.
E nasce proprio dall’esigenza di non lasciar cadere nell’oblio quel 23 dicembre il volume di Giuliana Covella, opera dalla duplice natura, giornalistica e letteraria. E’ partita, infatti, dalla cronaca, l’Autrice, che ha voluto fare un’operazione controcorrente parlando di una vicenda trattata sempre più marginalmente dalla stampa. A muoverla è stata “la volontà di non dimenticare, perché ognuno si deve indignare davanti a certe cose, più vicine a noi di quanto pensiamo, affinché non accadano più”. Per questo ha intervistato i superstiti, testimoni degli eventi e delle ferite fisiche e psicologiche che hanno lasciato.
L’incontro è stato animato dalle immagini dei giornali dell’84 e dalle foto della strage, insieme ad alcune letture, come un celebre articolo di PASOLINI, che scrisse “Io so, ma non ho le prove”. L’amara constatazione condivisibile da ogni italiano davanti alle tante stragi rimaste impunite e ai disegni oscuri che le hanno generate. E il poeta PASQUALE BALESTRIERI ha letto una sua composizione dell’84, “Su ali di falco”, dedicata a Federica Taglialatela e alle altre vittime.