Il restauro “dal vivo” dei dipinti della cripta sul Castello rivela l’arte del ’300 a Ischia

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Foto Qui Ischia

Non è solo uno il restauro “live” in corso sul Castello Aragonese. Certo, i sarcofagi egizi stanno facendo parlare molto, anche a livello internazionale, ma non è meno importante l’opera in corso a poche decine di metri in linea d’aria, nella CRIPTA sottostante l’antica cattedrale. Dove un altro gruppo di specialisti dell’ISTITUTO EUROPEO DEL RESTAURO sta portando avanti, e già da qualche anno, un delicatissimo lavoro di restauro degli affreschi medievali, che restano a testimonianza di un periodo storico di cui sono giunte fino a noi pochissime tracce. E tutte concentrate sulla rocca, che dall’inizio del nuovo secolo, proprio grazie alle campagne di restauro che si stanno svolgendo in successione, si è rivelata uno scrigno prezioso dell’arte di epoca angioina sull’isola. E Ischia, allora come nei secoli successivi, poteva permettersi di accogliere il fior fiore degli artisti impegnati nella capitale del regno.

Il metodo è lo stesso che sta incontrando tanta attenzione rispetto ai sarcofagi. Fin dall’inizio, anche per l’intervento nella cripta, la scelta del gruppo di lavoro dell’Istituto, guidato da ELEONORA CERRA, è stata di lavorare alla presenza dei visitatori, consentendo loro di seguire ogni passaggio dall’altra parte di una paretina trasparente.. E di osservare la delicatezza e la complessità delle operazioni che consentono di consolidare e salvare il più possibile di quanto rimane  dei dipinti murali della cripta.

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Foto Qui Ischia

Fu proprio da quell’ambiente ipogeo, preesistente alla cattedrale sovrastante alla cui edificazione venne in parte sacrificato, che iniziò il recupero delle antiche strutture del Castello, così come erano state ridotte dal distruttivo cannoneggiamento dell’agosto 1809, dal lungo abbandono successivo e dall’azione degli elementi e del tempo. Era il 1982 quando iniziò il PRIMO RESTAURO DEGLI AFFRESCHI DELLA CRIPTA, in gran parte scomparsi e, per la parte rimasta, assai malridotti e sul punto di andare anch’essi perduti. “Ho un  ricordo nitido delle persone che restauravano – rammenta NICOLA MATTERA – Per la prima volta allora ho percepito in modo diverso il Castello, come luogo storico da mantenere, ed è cambiato il mio rapporto con questo posto”.

Non fu granchè quel lavoro, tanto che si decise di interromperlo anzitempo. Si riprese negli ANNI ’90, con una nuova impresa sempre indicata e seguita dalla Sovrintendenza, che dové privilegiare l’opera di consolidamento delle parti dipinte, gravemente a rischio. Una lunetta era caduta, frantumandosi in mille pezzi. Che doverono essere rimontati uno ad uno, ricomponendo l’immagine originaria, che fu consolidata e ripulita. Ci si prese cura degli intonaci, cercando di prevenire altri distacchi e di integrarli là dove già erano compromessi.

I PRIMI ANNI 2000 sono stati segnati dal restauro di alcuni spazi del complesso della Cattedrale, che hanno rivelato sorprendenti pitture murarie trecentesche al di sotto degli intonaci di età barocca, quando la chiesa madre della Città d’Ischia era stata completamente rifatta, cancellando o nascondendo ogni traccia dell’edificio originario. E così, da una frattura della volta della cappellina di sinistra, sempre chiusa al pubblico, si intravide qualcosa di colorato. Grazie a particolari strumentazioni  si evidenziò la volta medievale, interamente affrescata con dei gigli dorati in campo verde-turchese, contornata da decorazioni geometriche bianche e rosse. E, al di sotto, delle lunette con affreschi raffiguranti figure sacre, che dovevano essere presenti anche nel resto della chiesa. VENNE COSI’ ALLA LUCE UN MAGNIFICO FRAMMENTO DELLA CATTEDRALE TRECENTESCA DI ETA’ ANGIOINA. Quei dipinti, inoltre, rappresentavano anche un trait d’union con la cripta gentilizia.

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Foto IER

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Foto IER

L’occasione per riprendere i restauri all’interno di quest’ultima è figlia del rapporto con l’Istituto Europeo del Restauro. “Quando è stato istituito anche il corso di restauro di affreschi, curato da esperti di assoluto valore dell’OPIFICIO DELLE PIETRE DURE DI FIRENZE - spiega Nicola Mattera – si è creata tra il Castello è l’Istituto una grande opportunità di collaborazione. Una sinergia straordinaria, che consente all’Istituto di operare in un luogo ideale per la sua attività e a noi di avere a disposizione il meglio delle tecnologie e delle professionalità esistenti in Italia, che è all’avanguardia nel settore”.

E i frutti non sono mancati. Per caso, andando a verificare le condizioni di una parete, ci si è accorti che dietro c’era il vuoto. Occupato da secoli da una grande quantità di detriti e da ossa, perchè in occasione di una pestilenza quello spazio era stato utilizzato come fossa di sepoltura. Liberato dal suo contenuto, quello spazio ha rivelato una cappella sconosciuta, posta ad un livello più basso rispetto alle altre che si aprono sui lati della cripta. Restaurata, con quel che resta anche delle sue pitture, la cappellina è oggi visitabile dal pubblico, come il resto della cripta. Non più chiusa ad oltranza durante allo svolgimento dei restauri. Che anzi sono diventati essi stessi un altro motivo di interesse, oltre ai dipinti che sono oggetto delle attenzioni e delle delicatissime cure dei restauratori. All’opera in questa fase nella “CAPPELLA 8″, dove si stanno ripulendo le parti affrescate.

Un lavoro in continua evoluzione. Mentre, di pari passo, procede lo studio dei riferimenti iconografici, degli stemmi delle famiglie nobiliari titolari delle cappelle, delle tecniche pittoriche e degli stili. Con l’obiettivo, per la prima volta, di ricostruire la storia della cripta e dei suoi dipinti, di individuare i committenti delle opere e, soprattutto, di tentarne un’attribuzione. Intanto, ciò che è chiaro agli esperti ed evidente ai profani visitatori è la qualità indiscussa delle pitture. Nella cripta così come nella cattedrale lavorarono grandi firme attive a Napoli in età angioina. L’epoca di GIOTTO e della sua scuola, come di altri grandi artisti coevi provenienti da varie parti d’Italia.

 

 

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