69 anni di sacerdozio e 36 di insegnamento per Don Massimino, amato pastore e uomo di cultura

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La Cattedrale, di cui è stato l’ultimo parroco

Era il 13 luglio 1947. L’inizio di una nuova vita per Massimiliano Lauro che quel giorno doveva essere ordinato sacerdote. La cerimonia avvenne nella chiesa di Portosalvo, alla presenza dell’allora vescovo Ernesto De Laurentiis. “Insieme a me, c’erano altri due giovani ischitani, sono io l’unico superstite”, mi raccontò in occasione delle sue nozze d’oro con la Chiesa, il 13 luglio ’97. Tra poco più di un mese, dunque, per Don Massmino sarebbero stati 69 anni di sacerdozio, una vita. Iniziata subito dopo l’ordinazione in quel lontano giorno d’estate, con la celebrazione della prima Messa nella Chiesa dello Spirito Santo, che in quel periodo – come oggi – era anche parrocchia. E a pronunciare il discorso per quell’occasione speciale fu il parroco, monsignor Agostino D’Arco, che poi sarebbe diventato Vescovo di Castellammare e Sorrento.

Il primo incarico assegnato al nuovo sacerdote fu di Prefetto del Seminario, dove insegnò lettere, francese (lingua che conosceva benissimo) e, in caso di necessità, anche matematica. Era l’inizio di una carriera da professore proseguita ininterrottamente fino al 1983. “Dopo aver insegnato in Seminario per diversi anni – la sintetizzava così quell’esperienza – passai nel 1952 alla scuola media “Scotti”, dove rimasi come professore di religione per 31 anni, fino alla pensione. Ho avuto anche una medaglia d’oro per il servizio”. Tante le generazioni di studenti seguite in questo lungo periodo d’insegnamento: “Ho avuto tanti alunni, in Seminario e poi alla “Scotti”. Molti poi li ho sposati, ad alcuni ho battezzato i figli. Quando ci incontriamo è sempre una gioia, anche se di qualcuno mi sfugge il nome”.

Intanto, don Massimino portava avanti anche la sua missione religiosa, iniziata come rettore della chiesa di Sant’Anna a Fiaiano. Dapprima Assistente degli uomini dell’Azione Cattolica, don Massimino fu poi nominato Assistente diocesano dei Maestri cattolici. Un incarico legato al suo grande amore per i libri, che nel tempo si era costantemente rafforzato. L’interesse per la lettura gli era nato da piccolo “per merito di mia madre che mi aveva insegnato ad avere confidenza con i libri”, ma poi frequentano i Maestri cattolici “dato che si facevano spesso delle conferenze, io compravo libri per essere in grado di seguire al meglio i vari argomenti di discussione. Da allora è nata la mia biblioteca”. Una vera oasi della cultura, migliaia di volumi delle più diverse materie. Libri non solo comprati ed esposti, ma letti e, molti, amati e frequentati con assiduità: “I libri mi piacciono tutti, ma senza dubbio preferisco i dizionari. E poi tra i romanzi i “Promessi Sposi” non ha eguali. Ne ho diverse edizioni e ne tengo sempre una a portata di mano. Poeti e scrittori per me rappresentano la creatività, per questo dico che sono tutti santi”.

L’amore per lo studio e la cultura era stato segnato anche dall’incontro con il latino e il greco, che spesso utilizzava anche nelle sue possenti omelie: “Molto di quello che so – spiegava – come l’abitudine di usare, parlando, frasi in latino e greco, lo debbo a monsignor De Laurentiis. Nei primi anni dopo che ero diventato sacerdote, facevamo lunghe passeggiate e lui era un uomo di grande cultura, non si poteva non esserne trascinati”.

In quelle passeggiate il Vescovo gli parlava anche del ruolo e dei doveri del sacerdote. Un messaggio che aveva lasciato una traccia indelebile in quel giovane appena ordinato: “Il Vescovo ci parlava spesso del sacerdote come uno che rischia di perdersi e insisteva sull’importanza della meditazione, della preghiera, della purezza dei costumi”. Lui, don Massimino, aveva deciso di farsi prete “conquistato dalle figure di monsignor Buonocore, d’Ambra, Castagna, che era Rettore del Seminario. Mi colpiva l’esempio che riuscivano a dare, l’ascendente straordinario che avevano sui giovani”. E al rapporto con i giovani, da sacerdote e da insegnante, si sarebbe dedicato sempre con grande entusiasmo: “Ammiro molto i giovani – diceva – Li trovo cambiati in meglio. Sembrano più tempestosi di un tempo, ma non lo sono. Piuttosto sono più tenaci di quanto non fossimo noi e sensibili ai problemi che notano intorno a loro”. Molti giovani si impegnarono nei gruppi catecumenali tenuti a battesimo da don Massimino fin dal 1986.

In quel periodo l’Arcidiacono monsignor Massimiliano Lauro era titolare della parrocchia di Santa Maria Assunta nella Cattedrale, che gli era stata affidata dal 1974: “Sono a disposizione soprattutto del Vescovo, “nihil sine Episcopo” diceva Sant’Ignazio ed è il mio motto. La nostra deve essere una Parrocchia pilota nella Diocesi. All’inizio incontrai qualche difficoltà, ma poi sono state tutte superate, in particolare da quando abbiamo iniziato il cammino neocatecumenale”.

Noto a tutti gli isolani, non solo ai suoi parrocchiani, per le sue capacità declamatorie, don Massimino metteva una grande energia nelle omelie domenicali. “Nascono – mi spiegò – innanzitutto dalla meditazione della parola di Dio. Poi mi preparo durante la settimana con una serie di letture. Trovo una miniera nel Vecchio Testamento, ho le schede bibliche che mi sono molto utili e poi seguo le indicazioni pastorali. Ho la versione in greco, originale, del Vangelo e al consulto spesso, per questo ogni tanto arriva la citazione in greco. Mi piace andare a ricercare l’etimologia delle parole. Così traccio uno schema del mio intervento, ma poi sull’altare mi lascio andare a qualche improvvisazione. Del resto, non ho mai letto, ho preferito sempre andare a braccio”.

Gli chiesi, allora, in occasione dei 50 anni di sacerdozio, quali fossero i suoi intendimenti per il futuro. “Mi hai sedotto, o Signore, e io mi sono lasciato sedurre”, mi rispose citando la frase scelta per quell’anniversario speciale, e proseguì: “Con la mano all’aratro Ti seguirò fino in fondo per proclamare il Vangelo, conferire la grazia, operare la salvezza di quelli affidatimi. Che nessuno vada perduto!”. E così è stato, da allora e anche dopo che, andato in pensione da parroco (l’ultimo della Cattedrale), si è dedicato alla cura della chiesa dell’Addolorata. Fino a poche settimane fa, finchè la salute glielo ha consentito.

Un punto di riferimento, don Massimino, a cui sono legati tanti ricordi personali, momenti importanti di vita familiare, un pezzo lungo di vita. Un altro pilastro della comunità che viene meno. Ci mancherà!

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