Oggi hanno presentato a Roma i risultati finali del viaggio estivo della Goletta Verde. Una sintesi di due mesi di navigazione lungo le coste della Penisola e delle isole, che ha evidenziato uno stato di salute del nostro mare a dir poco mediocre, visto che il 45 per cento (120 per la precisione) dei campioni prelevati ha evidenziato una percentuale di inquinamento superiore al limite consentito. Anche se il 49 per cento dei siti bocciati dalle analisi di Legambiente non risulta sottoposto ad analisi da parte delle autorità preposte e il 38 per cento è addirittura indicato nel Portale delle Acque del Ministero della Salute come balneabile. Differenza che può essere attribuita ai diversi criteri usati per l’individuazione dei punti di prelievo. Il che spiega anche la discrasia che si è evidenziata per la foce dell’Olmitello, innescando l’accesa e stucchevole polemica classica che si scatena sulla nostra isola ogni volta che la Goletta getta l’ancora da queste parti.
E’ davvero stupefacente come a Ischia ci si risenta per situazioni che dovrebbero essere sotto la nostra costante attenzione e al centro dell’impegno delle autorità competenti, a prescindere dalle segnalazioni della Goletta o di chiunque altro arrivi da fuori. Non è certo nascondendo la polvere sotto il tappeto che si rende un buon servizio al territorio e alla nostra economia turistica. Che, alla luce di quanto si offre ormai in altre realtà nostre concorrenti e della crescente domanda di sicurezza e di rispetto ambientale da parte dei viaggiatori, soprattutto stranieri, dovrebbe essere nutrita di certezze, non certo di omissioni. Come, invece, si continua a fare, “dimenticando” noi e cercando di non far sapere agli altri (da qui l’omissione) che nel 2015 non abbiamo ancora uno straccio di depuratore funzionante e che intorno all’isola, già nel 2000 (nel ponderoso volume dello studio scientifico di fattibilità dell’Area Marina Protetta), era accertato un centinaio di scarichi.
Ed è poi questo che il viaggio della Goletta ha cercato di mettere in evidenza, ovvero la necessità primaria per l’Italia di fare un salto di qualità sul fronte della depurazione. E’ scandaloso che ancora il 42 per cento degli scarichi fognari non sia depurato, come accertato dalla Commissione Europea, che continua per questo motivo ad aprire procedure d’infrazione nei confronti del nostro Paese. Con un costo altissimo, giacchè le sanzioni da pagare a partire dal 2o16 fino alla realizzazione delle opere di depurazione saranno pari 476 milioni di euro all’anno. E tra le regioni maggiormente coinvolte c’è al primo posto la Campania, che conta addirittura l’81 per cento dei suoi centri urbani a rischio di o già sotto procedura d’infrazione. Dati impressionanti su cui dovrebbe concentrarsi tutta l’indignazione che, invece, finisce con l’essere irrazionalmente scaricata su chi denuncia questi problemi, nell’intento quanto meno di stimolarne la soluzione.