Restaurati gli affreschi della Cappella Bulgaro nella cripta sul Castello Aragonese

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Foto Qui Ischia

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Foto Qui Ischia

Rispetto al clamore mediatico che aveva circondato, almeno all’inizio, il restauro dei due sarcofagi egizi, è passato pressoché inosservato. Eppure, è quello l’intervento che ha più valore, per l’isola. Perché riguarda un’opera che, pur essendo  molto più “giovane” dei due antichi reperti arrivati dal Belgio, non è di passaggio, ma è parte integrante del patrimonio storico-artistico ischitano che continuerà degnamente a rappresentare. Tanto più adesso che il delicato restauro a cui è stata sottoposta è completato. E così eccola, la CAPPELLA BULGARO nella CRIPTA DELLA CATTEDRALE del Castello rifulgere  quasi nel suo originario splendore. Di nuovo leggibile, in quasi tutte le sue parti, non più deturpata da scritte e graffiti, finalmente recuperati i delicati e caldi colori con cui si presentò ai committenti quando poterono ammirarla per la prima volta. E manifestare il loro compiacimento all’autore, su cui però non sappiamo nulla. A parte il fatto, deducibile dall’analisi dei suoi dipinti, che doveva trattarsi di un artista di buon livello, scelto sicuramente tra quelli allora attivi nella capitale, dall’altra parte del mare.

La squadra delle quattro giovani esperte dell’ISTITUTO EUROPEO DEL RESTAURO ha lavorato ogni giorno in quella seconda cappella della cripta negli ultimi sei mesi, prendendosi cura di ogni millimetro della superficie affrescata. Il lavoro da fare era notevole, nonostante gli interventi effettuati negli anni passati all’interno della struttura della cripta avessero garantito condizioni discrete di base alle otto cappelle che vi si aprono. Delle quali, finora, sono state restaurate solo in due. A cui va aggiunta l’altra cappella completamente affrescata riemersa del tutto casualmente qualche anno fa al di sotto del pavimento, quando ci si accorse dell’esistenza del vuoto dietro una parete che custodiva una fossa comune ricavata in quell’ambiente in occasione di una pestilenza. Anche la cappellina ritrovata è oggi aperta al pubblico.

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Foto IER

Ed era rimasta fruibile, la cripta, anche nei mesi passati, mentre le restauratrici erano all’opera. Secondo il sistema di lavoro caratteristico dell’Istituto Europeo del Restauro (che sarà ora utilizzato anche a Bruxelles per il prosieguo del restauro dei sarcofagi), lo spazio interessato dall’intervento era stato protetto da uno schermo di cristallo, che consentiva ai visitatori di seguire “live” la complessa opera di recupero. Per la quale ci si è avvalsi delle strumentazioni diagnostiche più all’avanguardia e anche della consulenza di esperti dell’OPIFICIO DELLE PIETRE DURE di Firenze, il top per il restauro di affreschi e pitture a livello mondiale.

“Abbiamo iniziato asportando i sali e rimuovendo le resine e le stuccature fatte in passato che erano particolarmente invadenti – spiega ELEONORA CERRA, che ha guidato il gruppo delle restauratrici – Abbiamo consolidato la superficie e rigenerato le stuccature secondo le tecniche attuali che sono molto più discrete. Abbiamo anche lavorato sulle scritte e sulle incisioni lasciate nel tempo dai visitatori, riuscendo a renderle appena visibili. E poi ci siamo occupate del ritocco pittorico, che ha riguardato non solo le parti con le figure, ma anche la parte bassa della cappella, in finto marmo dipinto”. E il risultato è sorprendente. Tranne alcune parti già perdute da tempo, molto dei dipinti è ancora visibile, come quasi tutti i volti, di cui ora si può cogliere anche l’espressione. I soggetti in sequenza sono: l’adorazione dei Magi, una Madonna con Bambino e Santi, una teoria di Santi, quattro Angeli e un Cristo Pantocrator.

Opere trecentesche, con figure ancora abbastanza ieratiche e con scarsa profondità, ma di un notevole livello. “Già dalla preparazione dell’intonaco, si può dire che si tratta di dipinti di buona qualità e , nonostante la semplicità del segno, lo si nota soprattutto nelle figure della Madonna e del Bambino”, afferma Cerra, che ha analizzato approfonditamente la tecnica dell’artista in tutti i suoi aspetti. Nessuna ipotesi su una possibile attribuzione, però, che è un problema che si sta tuttavia affrontando e che è oggetto di studi, tuttora in corso.

Dopo il completamento dei lavori nella cappella 2, nota come Bulgaro per la presenza dello stemma di una delle famiglie nobiliari più potenti sull’isola nel XIV secolo, restano da restaurarne altre sei. “Ma per adesso sospendiamo l’attività nella cripta, dove non vi è più alcun rischio per le pitture – anticipa NICOLA MATTERA – per concentrare l’attenzione sulla Cattedrale, dove invece vi è urgenza di intervenire. D’altronde, grazie alla presenza sul Castello dell’Istituto Europeo del Restauro, sarà possibile garantire un restauro continuo nella cripta e intervenire con tempestività lì dove man mano si renderà necessario, anche sulle parti già trattate. E speriamo che anche i visitatori siano più rispettosi di quanto non è accaduto nel passato, con scritte e incisioni perfino sui dipinti”. Comunque, presto sarà installato un impianto di videosorveglianza. Merita la maggiore cura e tutela possibile, la cripta, che, insieme alla cappella laterale da poco restaurata dell’antica Cattedrale, custodisce le uniche testimonianze pittoriche sull’isola del Trecento, periodo di straordinaria fioritura artistica nella Napoli angioina. Da dove giunse anche l’autore anonimo degli affreschi sul Castello.

 

 

 

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