Di Ennio Anastasio
Dobbiamo essere onesti, con noi stessi e con gli altri, in tanti abbiamo sperato in un vento nuovo, fresco, che potesse gonfiare le vele e permettere un cambio di rotta, tanto da far ripartire qualcosa di sano in discontinuità col passato, già quel vento che si assapora in primavera, perché carico di profumi, di essenze, quello che sa di nuovo, e che ci si augura dopo un periodo di triste quanto avvilente calma piatta. Un vento che però ci ha traditi perché era sì di campagna, ma di quella elettorale. Tonti, creduloni? Non si può dire, forse fiduciosi in qualcosa, quello sì, di parole credibili o che almeno sono state fatte passare come tali : “per il problema trasporti dovremo ripartire da sotto zero”.
Ecco, ad oltre cinque mesi dall’arrivo di quel vento ci chiediamo se qualcosa è veramente iniziata a cambiare positivamente per la nostra mobilità o meglio per il nostro sacrosanto Diritto alla continuità territoriale, quello che deve essere garantito con azioni di sostegno, legittimate dalle stesse Istituzioni europee. Eh già, siamo isolani soffriamo il disagio del mare e d’altronde il traghetto o il mezzo veloce è l’unica via a disposizione, non c’è alternativa, è la nostra strada e tutti abbiamo diritto ad una strada. Per noi la mobilità è dunque un servizio essenziale, direi vitale per la vita sulle isole, la sua disfunzione compromette gravemente le sfere economiche e sociali, penalizza lo studio, il lavoro, il diritto a potersi curare in centri all’avanguardia che sono presenti solo in terraferma. Fermi di questa convinzione in una grande manifestazione del 29 Novembre dello scorso anno siamo scesi in piazza, nelle strade, in migliaia, con diverse sigle associative costituendo un lungo corteo in marcia da Casamicciola ad Ischia nella speranza di far valer i nostri diritti, per chiedere una svolta, per rimarcare che l’ordinamento giuridico italiano ha da sempre previsto specifiche misure volte ad assicurare un servizio di trasporto anche nelle tratte non pienamente remunerative, perché caratterizzate da una frequenza di tipo stagionale.
Un bilancio va fatto, ci è doveroso farlo e chiedersi, cosa è cambiato? Le nostre spinte alle Istituzioni, e quindi i nostri solleciti inoltrati in primavera ai Ministeri competenti con le firme di tutti i Sindaci dei sei Comuni isolani, del mondo associazionistico in genere ed inoltre di gran parte della società civile, imprenditoriale e professionistica, gli incontri con il Prefetto Gerarda Pantaleone sulla gravissima situazione dei trasporti terrestri e marittimi con una stagione turistica già in fase di avvio e quindi in pieno fermento, i tanti “viaggi scalzi” rivendicati a giusta ragione dal Sindaco di Barano , “il vento nuovo” che sa di campagna giunto sull’isola per dare speranza ad una situazione assurda ed insostenibile, che risposte hanno dato? Ebbene la prima ravvisata risposta è ben conosciuta: un processo di privatizzazione della Compagnia di navigazione CAREMAR, ancora in atto a quanto sembra, o forse meglio l’ultimazione frettolosa di un processo avviato da chi in precedenza, poi fermato, poi ripreso, ma non stiamo a raccontare quello di cui si conosce già tutto o forse tutto, quello che ci sovviene è dire che la Caremar, erede legittima della gloriosa Span è stata trattata come “un ramo secco” a voler usare un linguaggio ispirato all’usignolo del vento nuovo, un ramo per il quale l’unica soluzione considerata è stata la vendita!
Riorganizzazione, analisi dei costi, efficientamento? No, questo sembra proprio essere un discorso non affrontato. Peccato che quel “ramo” sia la nostra strada, quella che ci collega alla terraferma, quella che rappresenta un nostro diritto, quella che non ci penalizza, quella che deve interpretare l’alternativa al fallimento delle procedure concorsuali di affidamento delle rotte, quella che permette di assicurare la continuità territoriale e con una tariffazione agevolata. A questo si aggiunge una drastica riduzione del finanziamento pubblico ora dimezzato per il quale ci si chiede come si potranno mantenere in vita alcuni collegamenti. Quanti hanno esultato devono adesso confrontarsi con la realtà dei fatti e con il primo sciopero dei dipendenti Caremar, che a distanza di pochi giorni l’isola vivrà dall’inizio della nuova compagine sociale, ed alcuni vogliono promuovere, o sono già in atto, richieste di incontri in sede regionale per elemosinare qualche cambio di orario o di tratta che difficilmente verrà concesso e che in ogni caso rappresenta soltanto una forma di pietismo istituzionale, pietismo al quale non bisogna abbassarsi in quanto ben lontano dai principi Costituzionali ai quali bisogna sempre fare riferimento.
Se parliamo di risposte non possiamo non affrontare quella che si è data in forma scarna all’esigenza di un TRASPORTO PUBBLICO TERRESTRE presente sull’isola a dir poco in forma inadeguata. Siamo sinceri, qualche autobus in più nel periodo estivo sull’isola viene sempre messo su strada. Vogliamo esultare per i due nuovi “pollicino” francesi, linea Porto-Ischia Ponte arrivati in sostituzione dei vecchi, oramai da rottamare? Vogliamo esultare per i vetri oscurati degli stessi o per qualche autobus rifunzionalizzato o “rivampizzato” messo a rinforzo dei tanti che girano malconci sulle strade isolane?