Neppure il periodo festivo ha fatto eccezione. Anche perchè ormai non si può considerare più una condizione particolare, eccezionale appunto, al “Rizzoli”. E l’anno appena archiviato ne è stato la dimostrazione: quando sono mancate le barelle trasformate in letti provvisori anche nei corridoi, a cominciare dal reparto di prima linea, ovvero la Medicina? Purtroppo, il problema è cresciuto nel tempo e si è cronicizzato, fino ad entrare a far parte della “normalità” quotidiana in via Fundera. Alla pari del ricorso sistematico agli “appoggi” da un reparto all’altro, che non è privo di controindicazioni nella gestione dell’assistenza ai pazienti, ma che pure rappresenta una scelta obbligata. Tutti segnali di uno stato di salute tutt’altro che ottimale per l’ospedale isolano. Ed il fatto che se ne parli poco, non vuol dire che non vi siano criticità e difficoltà, di cui si rendono pienamente conto quelli che entrano in contatto più o meno direttamente con la realtà del presidio lacchese.
Rispetto ai disastri che il 2015 ci ha regalato in altri settori della sanità pubblica, la situazione del “Rizzoli” è obiettivamente passata in secondo piano. O meglio, è rimasta sullo sfondo. E non poteva forse essere altrimenti, date le circostanze. Ma nel quadro di un approccio complessivo alla realtà sanitaria isolana, non si può sottacere che anche in via Fundera il cielo è carico di nubi e che tante sono le questioni alle quali bisognerebbe mettere mano, in un’ottica di adeguamento e riqualificazione dei servizi. Anche l’ospedale negli ultimi anni ha fatto registrare dei regressi, in parte frutto di problematiche annose che si sono ulteriormente aggravate, ma in parte frutto degli interventi di “riorganizzazione” che si sono dimostrati inefficaci, se non fallimentari, comunque negativi.
Ma non è certo mettendo la sordina alle difficoltà, non è nascondendo la polvere (e con i continui lavori in corso, al “Rizzoli” la polvere non manca mai) sotto ai tappeti che la situazione potrà migliorare. Non è negandoli che i problemi si risolvono, o che si può almeno tentare di risolverli. E nel passato, anche in momenti più favorevoli di quelli recenti, il silenzio, l’accondiscendenza, l’adattamento a tutti i costi, il “non dare fastidio”, non hanno mai pagato nell’interlocuzione con Monteruscello. Dove già si disinteressano d’ufficio della situazione ischitana – o almeno così è stato negli ultimi anni – per cui se poi anche da Ischia si evita di ricordare loro l’esistenza e le necessità peculiari del presidio isolano, diventa inevitabile che non se ne tenga conto e che il “Rizzoli” finisca per essere ulteriormente penalizzato. A maggior ragione, considerato che le isole non hanno più nessun rappresentante nel Comitato dei Sindaci dell’Asl e che chi sta in terraferma ha da occuparsi delle esigenze delle proprie comunità e non ha alcun interesse a farsi carico delle questioni altrui, non essendo neppure minimamente consapevole di ciò che l’insularità comporti, tanto più a livello sanitario.
E’ STATO L’ANNO ORRIBILE DELLA SANITA’ ISOLANA, IL 2015.
Il punto più basso dall’anno 2000, quando, dopo la tragedia di Ludovica e il suo risalto mediatico, al di là del mare si accorsero della condizione infima dei servizi ospedalieri isolani e decisero di intervenire. Fu il momento di una netta inversione di tendenza, che determinò un rilancio del “Rizzoli” e, dopo averlo riportato a standard accettabili, anche un potenziamento importante. Così come il periodo a cavallo tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000 segnò una fase positiva anche per i servizi sul territorio. Un patrimonio che ha cominciato ad essere eroso dal passaggio dall’Asl Na2 all’Asl Na2 Nord e poi, in una preoccupante progressione, negli ultimi anni di commissariamento, prima dei colpi distruttivi inferti dal manager FERRARO e dalla commissaria IOVINO. VA A LORO DUE IL DEMERITO STORICO DI AVER SMANTELLATO LA SALUTE MENTALE DALLA RADICE, CON LA CHIUSURA DELLA SIR VILLA ORIZZONTE. E di aver, in modo più o meno eclatante, creato le condizioni per mandare in sofferenza altri settori dell’assistenza sul territorio (esemplare LA CHIUSURA DEL PSAUT e di ALCUNI AMBULATORI) e lo stesso ospedale. Dove si è andata riducendo anche l’acqua per friggere i pesci.
Tanta, troppa la strada percorsa all’indietro. Anche a voler considerare solo i dodici mesi passati. E dunque il nuovo anno non può che iniziare con l’AUSPICIO che il 2016, grazie alla nuova dirigenza aziendale, possa segnare una netta, reale discontinuità rispetto alla gestioni precedenti, e consentire il RECUPERO APPIENO DEI SERVIZI SOTTRATTI ALLE COMUNITA’ ISOLANE. Ma per questo è necessario anche l’IMPEGNO FORTE degli ischitani. Quello dei PUBBLICI AMMINISTRATORI, che hanno dormito quando non si sono addirittura defilati davanti ai disastri dell’anno passato. Quello degli OPERATORI DELLA SANITA’, che spesso si sono adattati, adagiati, allineati anche alle scelte più impattanti sui livelli di assistenza, come se il rapporto di dipendenza dall’Asl comportasse anche un voto di obbedienza da monaci. E naturalmente quello dell’opinione pubblica isolana, delle COMUNITA’ DI ISCHIA E PROCIDA, chiamate a far valere il loro diritto alla salute e a chiedere con chiarezza e determinazione all’Asl e alla Regione di garantire sulle isole l’assistenza sanitaria che è propria di un paese civile nel ventunesimo secolo. ABBIAMO TUTTI DODICI MESI PER RECUPERARE IL MALTOLTO E BLOCCARE IL DECLINO. CERCHIAMO DI NON SPRECARLI.