Da oltre venticinque anni vive a Gerusalemme e da dodici come Custode della Terra Santa, riconfermatovi dal ministro generale dei Frati Minori, con il placet della Santa Sede, nel 2013. Un incarico che lo porta a muoversi di frequente nei vari Paesi del Medio Oriente, giacchè la Custodia di Terra Santa, istituita nel 1342 e affidata da sempre ai Frati minori francescani, comprende non solo i territori della Palestina e dell’odierna Israele, ma tutte le nazioni dell’area mediorientale, teatro dello storico conflitto israelo-palestinese e negli ultimi anni della guerra che sta ancora devastando la Siria. Così la presenza di padre Pierbattista Pizzaballa a Ischia, per partecipare come relatore alla terza Catechesi giubilare tenutasi poche ore fa in Cattedrale, è stata l’occasione per ascoltare il racconto di un testimone diretto, perdipiù da un punto di vista privilegiato, della crisi attualmente più seria e destabilizzante del pianeta. Quella che ci viene raccontata ogni giorno dai media e che è all’origine della migrazione biblica che ha investito l’Europa dallo scorso anno e che prosegue senza sosta. E che potrebbe connotare anche l’anno appena iniziato, dopo quello da poco concluso.
“SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE”, questa l’opera di misericordia sulla quale è stato chiesto a padre Pizzaballa di intervenire. E grande spirito e forza di sopportazione sono indubbiamente richiesti nei territori dove il francescano vive e opera con la sua comunità di trecento frati di diverse nazionalità, distribuiti in tutti i Paesi del Vicino Oriente, oltre che in Terra Santa, dove sono loro affidati la chiesa dell’Annunciazione a Nazareth, della Natività a Betlemme e il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Ma “se fino a qualche anno fa ero convinto che il conflitto israelo-palestinese fosse all’origine di tutti gli altri nell’area – ha esordito il relatore nella chiesa gremita - dopo l’Iraq e la Siria non è più così, perchè sono dinamiche del tutto separate”. E quella che definisce “guerra vergognosa” in Iraq, ha aperto la strada alla vicenda siriana, creando una situazione imparagonabile alla realtà, per quanto critica, della Terra Santa.
Le crisi degli anni recenti hanno già cambiato radicalmente lo scenario geopolitico mediorientale. “Il Medio Oriente che conoscevamo nel ’900 è finito”, ha affermato padre Pizzaballa, che ha paragonato la portata e gli effetti della guerra in corso al primo conflitto mondiale di un secolo fa, sottolineando come ad oggi sia impossibile prevedere come quell’area del mondo sarà dopo. Per la complessità della situazione creatasi negli anni recenti, su cui influiscono molteplici variabili, di cui allo stato attuale è impossibile comprendere tutte le connessioni e i possibili sviluppi.
Il Custode si è soffermato soprattutto sulla realtà della Siria. Dove è in corso una guerra civile contro Assad, nella quale però si sono innestate altre dinamiche legate al conflitto intermusulmano tra i sunniti, sostenuti da Arabia Saudita e Qatar, e sciiti, che fanno riferimento all’Iran. Potenze dell’area che si stanno combattendo per procura per il controllo delle fonti energetiche e per conquistarsi un predominio sullo scacchiere mediorientale. A questa contrapposizione non sono estranei fattori religiosi, anche perchè la confessione religiosa in quelle realtà è un elemento fondamentale dell’identità della persona, dell’appartenenza alla comunità. Tanto che perfino i non credenti, gli atei debbono essere incasellati in un gruppo religioso, con tanto di iscrizione sulla carta d’identità. “E la componente religiosa complica ulteriormente lo scenario”, ha affermato Pizzaballa, realisticamente preoccupato delle difficoltà di ricomporre una società civile quando, a guerra finita, i nemici di oggi dovranno tornare necessariamente a convivere sulla stessa terra. E certamente gli estremismi e i fondamentalismi creano solchi e producono ferite che sarà complicato, se non arduo sanare. E questa sarà una sfida per i cristiani, che dovranno portare in dono alla pace PERDONO e MISERICORDIA.
Attualmente, i CRISTIANI sono un obiettivo, come tutte le altre minoranze: gli yazidi, i curdi, i drusi, i musulmani laici o altri gruppi musulmani minoritari. Solo in Siria, i due terzi dei cristiani hanno dovuto lasciare il paese, sono rimasti solo i più poveri che non avevano i mezzi per andarsene. E lo stesso si era verificato in Iraq. D’altra parte, l’esodo riguarda gran parte della popolazione siriana, di qualunque fede. I profughi siriani sono tra i due e i tre milioni e 8 milioni invece sono gli sfollati, che hanno lasciato case, lavoro e perso tutto ciò che avevano. Il quadro che ha descritto Pizzaballa, non per sentito dire, ma per averlo visto di persona, ha dato contezza del dramma di città fantasma semidistrutte e ormai invivibili per la mancanza di acqua, luce e cibo, perchè ormai “la Siria è a pezzi, come Stato non c’è più”. E il popolo deve anche subire, in alcune zone di quel disgraziato paese, la nuova dominazione dell’Isis, con tutta la barbarie che vi è collegata e che inquina ogni aspetto della vita quotidiana. “E POI CI CHIEDIAMO COME MAI QUELLE PERSONE LASCIANO TUTTO PER CERCARE DI VENIRE IN EUROPA?”.
I pochi cristiani che sono rimasti a vivere in Siria come pure in Iraq sono costretti dai nuovi padroni a eliminare tutti i segni e i simboli della loro fede e a pratiche religiose vissute clandestinamente, con enormi rischi, un po’ come le prime comunità cristiane, fuori legge nell’impero romano. Eppure, nonostante questo clima, non si registrano casi di abiura o di rinuncia- “E nel futuro noi non ce ne andremo, resteremo in Medio Oriente”, ha ribadito Pizzaballa, Che tuttavia non si nasconde le difficoltà di ricreare una clima di fiducia reciproca, quando la follia della guerra si sarà placata.
Rispetto al disastro siriano, la situazione in TERRA SANTA è stazionaria ed è passata inevitabilmente in secondo piano. Di diverso c’è che mentre prima le intifade e il conflitto erano esclusivamente politici, ora iniziano anche lì a inserirsi dei fattori religiosi, che complicano il quadro. Anche lì i cristiani sono minoranza: 175mila tra Israele e Palestina, in maggioranza di origine arabo-palestinese. Una comunità molto vivace nel promuovere attività sociali, anche in collaborazione con persone e gruppi di altre fedi. “Esempi luminosi di collaborazione, dialogo e incontro”, li ha definiti Pizzaballa, che ha risposto a varie domande del pubblico, soprattutto sulla possibile coesistenza con i musulmani. E su come comportarsi in questo nuovo scenario dominato dal FONDAMENTALISMO: “Debbono essere fermati – ha detto - se serve anche con la forza, ma non tocca a noi dire come, sarà la comunità internazionale a doverlo decidere. Però la forza militare da sola non basta a risolvere il problema, perchè non si può prescindere da una prospettiva di ricrescita e rinascita”. E “il cristianesimo non è chiamato a essere elemento di forza e a dare dimostrazioni di potenza, ma ad essere fattore di testimonianza” in tutti i contesti, anche i più ostili. Così come il credente “deve partire dall’esperienza di fede” e davanti alle situazioni che si presentano, “non può non seguire il Vangelo”. Ciò che vale per la ricostruzione di un sistema civile di coesistenza dopo la guerra in Medio Oriente come in Europa davanti alle sfida dell’integrazione e della migrazione in corso.