Foto Qui Ischia
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Un’altra settimana di totale abbandono. Con l’aggravante del maltempo che ha accentuato il problema, ma che non c’entra niente con la sua genesi. Perché non sono state di certo le pessime condizioni meteo degli ultimi giorni a bloccare un lavoro che era stato lasciato in sospeso da molto prima. E dire che il tratto di marciapiede all’inizio di Cartaromana avrebbe potuto essere finito da un pezzo. Se si fosse operato con un minimo di criterio, di organizzazione, di efficienza. Tutto ciò che manca nei cantieri dei lavori pubblici ischitani, dove piuttosto la parola d’ordine sembra essere solo “facite ammuina”. E i marciapiedi eterni di via Nuova Cartaromana ne sono l’esempio lampante, lasciati a metà o in uno stadio ancora più arretrato da settimane, mentre ci si è premurati di andare a “scassare” pure lo spazio pedonale di via Giovan Battista Vico, tanto per incasinare di più la vita ai cittadini stanziali o di passaggio. Che da contribuenti pagano pure il conto di tutti questi disservizi, tanto per unire al danno anche la beffa.
Dopo l’andamento lento e scombinato già riscontrato nella prima parte del rifacimento del tratto più lungo del marciapiede di Cartaromana, iniziato addirittura prima di Natale e portato avanti a morsi e bocconi fino a poco tempo fa, quando sembrava che il peggio fosse alle spalle, la solita “squadra” formata da due operai due è tornata in azione e ha provveduto a sfasciare pure il pezzo sulla destra fino all’incrocio con Casalauro. Dopo lo smantellamento del bordo, una lunga pausa di nulla prima di rivedere i due operai all’opera per rimettere al loro posto, solo un po’ più alte, le pietre che delimitano lo spazio pedonale. Un giorno per la posa in opera, poi altra pausa e un’latra giornata per cementare gli interstizi tra una pietra e l’altra e la parte interna del marciapiede. E da allora, ormai un bel po’ di giorni fa, spariti di nuovo.
Nel frattempo, sono rimasti ad ingombrare il marciapiede scassato i gigli di ferro rimossi che non sono stati ricollocati, altri pezzi di ferro e la rete arancione che ha resistito a delimitare l’area del cantiere per pochissimo tempo. E così è rimasto un marciapiede “sgarrupato”, pieno di pericoli, in parte ingombro di materiali, proprio in un tratto in cui è superfrequentato e non si può fare a meno di utilizzarlo, anche adesso che è parzialmente e ufficialmente impraticabile.
Proprio perchè quello spazio protetto per i pedoni è fondamentale per chi deve immettersi su via Antonio De Luca come per gli scolari della “Buonocore” e i loro accompagnatori, il buon senso avrebbe dovuto consigliare a chi fa i lavori – E ANCOR PIU’ A CHI DOVREBBE DIRIGERLI, ANCHE SE LA SUA ESISTENZA E’ UN REBUS – di proseguire l’opera fino al suo completamento lavorando ogni giorno e chiudendo quei pochi metri di marciapiede velocemente e definitivamente, restituendolo alla sua normale ed intensa fruizione. Invece no, secondo le più brutte abitudini del “made in Italy”, tutto viene diluito in tempi biblici, tra un intervento e l’altro passano settimane, si lascia tutto sconvolto e “sciarmato”, in balia del vento e delle tempeste, se ne blocca sine die la fruibilità, con notevoli fastidi e disagi per la cittadinanza. Normale, a Ischia.
Ma cosa ci vuole perchè almeno quel pezzo di marciapiede sia completato, liberato da ingombri e pericoli e restituito al suo uso? Da quando si lasciano i cantieri, in mezzo al paese, in quelle condizioni vergognose e pericolose per periodi che nulla hanno a che fare con la reale durata dell’intervento? Perchè non si finisce dove si già in attività, invece di sospendere per andare a rompere, creando altri disagi e blocchi di traffico, da un’altra parte?
In questo bailamme non c’è chi controlli, chi coordini, chi guidi e indirizzi i lavori. Si va avanti senza criterio, senza ordine, all’insegna della più totale confusione e del disservizio ad oltranza. Chi di noi si azzarderebbe a seguire questo “metodo” scombinato per fare anche il minimo lavoro a casa propria o nel condominio in cui abita? Eppure, è così che funziona negli spazi pubblici del Comune d’Ischia. Esattamente al contrario di come dovrebbe essere. Ma alla fine, pagheremo anche un direttore dei lavori per questa stupefacente organizzazione?