Circa la pubblicizzazione del Comunicato Stampa della Caremar sullo sciopero dell’8 marzo, condivido perfettamente l’atteggiamento prudenziale degli organi d’informazione sui contenuti di uno scritto aziendale che si presenta di modestissimo spessore civile e non privo di inesattezze informative che tendono ad addolcire l’opinione pubblica su un quadro drammatico fatto anche di arroganze che mal si addicono soprattutto ad un’ Azienda che gestisce soldi pubblici. Il tentativo messo in atto con il detto Comunicato è un’offesa all’intelligenza collettiva ed è soprattutto pesantemente irriguardoso nei confronti di una categoria di lavoratori che soffre per le difficoltà che incontra ad assecondare scelte unilaterali e capestro che negano diritti maturati e prospettive di lavoro, ma anche scelte che rendono precarie le condizioni di salute sul luogo di lavoro con rischi personali e collettivi. Un Comunicato trionfalistico e nello stesso tempo disumano che segna un’ offesa al mondo del lavoro che non si piega di fronte all’arroganza e che alza con coraggio la testa e lotta per l’affermazione di una dignità umana e lavorativa che non venga condizionata dal profitto aziendale.
E’ con questo spirito di ribellione che l’Orsa Marittma , a cui è stata negata la possibilità di dire la sua in sede di confronto sindacale, dà vita alla vertenza Caremar che è così sunteggiabile nei suoi principali punti:
a) No alla trasformazione in pejus dei rapporti di lavoro con la rinuncia al Tempo Indeterminato da parte di tanti lavoratori che se l’hanno conquistato anche con sentenza definitiva del Giudice; no a licenziamenti anche potenziali per motivazioni che esulano dai confini dettati dal Codice della Navigazione. In realtà su detta trasformazione di valenza individuale che è, pertanto, possibile solo se voluta e/o condivisa dal singolo lavoratore come libera scelta non condizionata dallo stato di necessità sarebbe il caso di consultare chi l’ha fatta; forse ci sentiremo dire che l’ha subita! Ma la cosa che più fa rabbia in questa faccenda e nei tanti atti sottoscritti che nella rinuncia si firmano “ liberi “ atti di conciliazione che danno la continuità del rapporto di lavoro a chi già ce l’ha ma con garanzie diverse ( ! ) sacrificando, alla presenza dei sindacalisti nella veste di “ conciliatori “, ogni diritto maturato!
b) No alle decurtazioni economiche che sanno di un maggiore impegno lavorativo e di maggior profitto da parte dell’Azienda che vince una gara, per irresponsabilità della Regione, con un ribasso d’asta che lambisce il 50%;
c) No ad un accordi con turni di lavoro unilateralmente imposti che negano il tempo di riposo previsto dalla normativa internazionale e quella nazionale vigente, con gravi ripercussioni sulla salute del marittimo imbarcato e della sicurezza del viaggio: una turistica totalmente estraneo alla volontà democratica dei lavoratori. Un accordo sostenuto da forze sindacali aziendali ( CGIL, CISL, UIL,Uslac/Uncdim ,UGL ) che, se escludiamo i non iscritti che non sono certamente pochi, insieme hanno una rappresentanza minoritaria di adesioni che non va oltre il 25%, contro un’ORSA che da sola vanta oltre 90 iscritti su 180 dipendenti: a tale proposito ben venga il referendum ORSA sulla contrattazione integrativa per fare chiarezza sui rapporti di forza che sicuramente non potranno essere alterati con mezzucci legati a sbarchi per avvicendamento che allo stato colpiscono i lavoratori Orsa, in uno ai dissidenti ed agli scioperanti.
Se a tutto ciò aggiungiamo che il Codice della Navigazione con l’art. 273 discrimina il Comandate della nave dal resto dei lavoratori idi bordo in quanto assegna ad essi un ruolo di sottomissione alle volontà armatoriali (cito testualmente : “ L’armatore nomina il Comandante della nave e può in ogni momento dispensarlo dal comando “) le cose sono più chiare per eventuali tentativi d’interferenza con l’attività sindacale che l’Azienda avrebbe potuto esercitare anche attraverso impositivi comunicati interni come è successo nel passato.
La versione dei fatti rappresentati dal citato Comunicato non trova riscontri neanche nei numeri se è vero come è vero che le corse interessate allo sciopero non sono tutte quelle esercite da Caremar, ma solo quelle fuori le fasce protette e che tra i potenziali scioperanti c’erano anche tanti precari al primo imbarco che, isolati dal complesso dell’equipaggio, hanno preferito di non di mettere in discussione il posto di lavoro faticosamente preso.
Ciò posto un invito al confronto sul da farsi con tutti è necessario, a partire dalla sconsiderata privatizzazione che è causa scatenate di negazioni di diritti e di malcontento ed un sollecito alle testate della comunicazione, anche on line di evidenziare la verità, di cui quella espressa è solo una parte.
Nicola Lamonica