Non si svolge in una grande città né ha come protagonista qualcuno dei più grandi e celebrati musei italiani. Eppure, si avvale di una prestigiosa rete di collaborazioni con il Louvre di Parigi e con altri importanti musei europei, oltre che italiani, grazie alla quale sono arrivati in prestito reperti di valore assoluto. A cominciare dal delicatissimo “Liber Linteus”, conosciuto anche come Mummia di Zagabria, che per la prima volta lascia la sua stanza climatizzata nel museo di Zagabria, di cui è il principale richiamo dalla fine dell’Ottocento. Ruolo di primo piano che prevedibilmente è destinato avere anche a Cortona, dove presso il MAEC, ovvero il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, si è appena aperta questa mostra su GLI ETRUSCHI MAESTRI DI SCRITTURA, che arriva in Italia dopo essere stata presentata dalla metà di ottobre a Montpellier, in Francia. Un appuntamento segnalato come uno dei più significativi eventi culturali in Europa nel 2016, per il contributo che ci si aspetta porterà alla conoscenza degli Etruschi presso il grande pubblico e perchè erano ormai più di trent’anni che non si organizzava qualcosa di importante sulla scrittura etrusca e su quello che per decenni è stato definito come il suo “mistero”.
Il progetto vede la partecipazione di istituzioni culturali di tre Stati: i principali musei etruschi o con collezioni etrusche in Italia, compreso il MANN di Napoli, e, oltre al Louvre, la Biblioteca Nazionale e il Museo Rodin di Parigi, il Museo archeologico di Aleria “Jérôme Carcopino”; il Museo Henri-Prades di Lattes, Montpellier, Museo gallo-romano de Fourvière di Lione, il Museo di Corbières de Sigean di Narbona e il Museo Archeologico di Zagabria. Da questi musei sono arrivati i 100 reperti esposti, tra i quali, per la prima volta riunite, le principali iscrizioni etrusche esistenti, alcune delle quali inedite: dalla Mummia di Zagabria alla Tegola di Capua, dalle Lamine di Pyrgi al Ceppo di Perugia. Fino alle iscrizioni rinvenute da poco a Lattes, Montpellier. E ad accreditare Cortona come sede di questa grande mostra è , unitamente all’antichità (dal ’700) e al valore del suo museo, la scoperta pochi anni fa della TABULA CORTONENSIS, una lamina bronzea con uno dei testi più lunghi conosciuti in lingua etrusca.
Fino al 13 LUGLIO prossimo, dunque, la cittadina toscana in provincia di Arezzo, che fu nell’antichità un’influente “lucumonia” etrusca, sarà al centro dell’attenzione della cultura europea, giacchè intorno alla mostra appena inaugurata nella sede museale del trecentesco Palazzo Casali si svolgeranno numerosi incontri e iniziative, per approfondire e scambiare i risultati delle ricerche sulla lingua e la scrittura etrusche, senza trascurare appuntamenti dedicati alla didattica. E nessuno nasconde che anche l’internazionalità dell’evento sarà un’occasione propizia per la valorizzazione turistica non solo del patrimonio storico-archeologico di Cortona – con i suoi parchi archeologici dentro e fuori la cinta delle mura cittadine – ma di tutti i molteplici richiami della Val di Chiana. Come dire: la dimostrazione che investire sulle peculiarità di un territorio, soprattutto in Italia, ha una ricaduta molto più ampia. E, quindi, che con la cultura si mangia, anche.
In questo contesto, per certi aspetti ideale, si compirà un viaggio alla scoperta dell’aspetto della storia etrusca che ha sempre stimolato la maggiore curiosità e, forse, il maggiore interesse, ovvero la lingua dei Tirreni, oggetto di migliaia di pubblicazioni e di tante affascinanti teorie, a causa della sua incerta origine. Ma per quanto è ancora oggi nebulosa la genesi dell’etrusco, è chiaro e definito come e quando si riuscì a trasformarlo in una lingua scritta. Era l’VIII secolo a.C. quando gli Etruschi iniziarono a scrivere, utilizzando un alfabeto che non ha creato particolari problemi di decrittazione da parte degli studiosi. Semplicemente, perchè non è stato difficile identificarne la matrice: l’ALFABETO GRECO EUBOICO. Nella forma utilizzata dai primi coloni greci che si insediarono in Occidente, a PITHECUSA. Da quando Giorgio Buchner ha rivelato al mondo con prove inoppugnabili l’alba della Magna Grecia, tutti i libri di testo, le enciclopedie cartacee e sul web, le ricostruzioni storiche indicano l’origine dell’alfabeto etrusco (da cui derivarono numerosi altri usati da vari popoli europei primo fra tutti quello latino) sulla nostra isola. Uno dei frutti più significativi degli intensi scambi commerciali e culturali che i Greci di Pithecusa e poi di Cuma instaurarono con gli Etruschi, loro primi e principali referenti tra le popolazioni italiche coeve.
Non ne ho trovato traccia nelle cronache relative alla mostra di Cortona, ma sarebbe davvero strano, anzi imperdonabile, se nel trattare fin dagli albori e in tutte le sue articolazioni la storia della scrittura etrusca, si fosse trascurato di citare la matrice pithecusana dell’alfabeto dei Tirreni. Dunque, presumibilmente, ci dovrebbe essere Ischia nell’esposizione in corso nella cittadina toscana, dopo i cinque mesi a Montpellier. Una bella vetrina per far conoscere il passato della nostra isola e la sua funzione nel mondo antico. Ma anche una di quelle occasioni che dovrebbe indurci a riflettere e ad agire per valorizzare meglio noi le opportunità che la storia ci ha offerto su un piatto d’oro. La grande mostra di Cortona dimostra che i grandi progetti culturali di respiro internazionale possono nascere e svilupparsi anche al di fuori delle metropoli, in piccoli centri e musei di provincia, purchè ci siano le idee, i reperti, la volontà. Cosa impedisce di creare un grande evento espositivo, storico-archeologico a Villa Arbusto, intorno ai nostri reperti di punta, acquisendo prestiti e sviluppando collaborazioni in entrata, invece che sempre e solo in uscita?