NICOLA LAMONICA (*)
Le recenti normative relative al lavoro marittimo hanno meglio determinato , in uno alla qualificazione professionale, i ruoli e compiti che l’equipaggio individualmente e nel suo insieme deve assolvere al-fine di assicurare la fattibilità economica del trasporto, la sicurezza della vita umana in mare e protezione dell’ambiente marino. In questo contesto, i richiami dedicati ai tempi di lavoro e di riposo che il lavoratore marittimo deve espletare e rispettare una volta a bordo onde poter assicurare una perfetta tenuta della guardia e l’ assolvimento ai suoi compiti (fra l’ altro si fa anche riferimento al divieto di uso (e abuso) di alcol e droghe, non sono di secondaria importanza.
Pertanto occorre richiamare la ILO 2006, il Dlgs 108/05 ed il Dlgs 71/15) che così recitano:
I limiti dell’orario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi sono così stabiliti:
a) il numero massimo di ore di lavoro a bordo non deve essere superiore a:
1) 14 ore su un periodo di 24 ore; e
2) 72 ore su un periodo di sette giorni; ovvero
b) il numero minimo delle ore di riposo non deve essere inferiore a:
1) 10 ore su un periodo di ventiquattro ore; e
2) 77 ore su un periodo di sette giorni.
Tutto ciò trova corretta applicazione sulle navi che svolgono viaggi cosiddetti di lungo corso, ma non sempre nel settore del cabotaggio; in particolare nella realtà che a noi è più vicina che è quella del Golfo di Napoli dove i marittimi svolgano un lavoro disordinato e stressante superando di gran lunga i contenuti della citata normativa con potenziali incidenza sulla sicurezza in mare. Ciò, al di là della conferma che potremmo riscontrare dai giornali di bordo, è facilmente riscontrabile anche da un’attenta osservazione dell’utente pendolare; ma la certezza assoluta di quanto asserito la ritroviamo nell’accordo di II livello attuato dall’Azienda in dispregio alle regole della partecipazione e della democrazia che ha già dato vita a giornate e giornate di sciopero purtroppo ancora privi di riscontri positivi. Da un attenta analisi, anche in funzione di domande frequentemente rivolte a questa schiera di lavoratori ( fra cui anche qualche amico), risulta che nella maggior parte dei casi i marittimi imbarcati su Caremar risultano impegnati per 14/15 o anche 16 ore al giorno per 5/6 giorni ed un giorno di riposo.
Per chi vive in comunità come le nostre, dove in ogni famiglia ci sono uno se non più marittimi, viene spontaneo chiedersi come mai su navi che effettuano il lungo corso si effettuano generalmente dieci ore di lavoro al giorno suddivisi in due turni di guardia di quattro ore con al massimo due ore di straordinario al giorno e sulle unità che effettuano collegamenti fra le isole minori il lavoro è molto più duro?
La risposta risiede nell’intreccio delle varie normative in essere e nella interpretazione soggettiva che esse offrono:
La CONVENZIONE STCW del 1970, cosi come emendata durante la Conferenza di Manila 2010, parla di tenuta della guardia delegando Comandanti e Direttori al rispetto dei principi che garantiscono la guardia in sicurezza; e parla di affaticamento e di tempi di riposo:
“ A tutte le persone che sono destinate al compito (duty) di ufficiale responsabile di una guardia o di un comune facente parte di una guardia, a quelli designati a compiti di sicurezza, prevenzione dell’inquinamento e sicurezza (security) dovrà essere concesso un periodo di riposo di non meno di:
1 – minimo di 10 ore di riposo in ogni periodo di 24 ore; e
2 – 77 ore in ogni periodo di 7 giorni”
Concetto ribadito recentemente nel REPORT 2014 COSIDDETTO CIC ( Concentrated Inspection Campaign on STCW) redatto a seguito di una campagna internazionale atta a controllare l’ orario di lavoro dei marittimi.Durante ispezione furono indicate come “ non conformità” tutte quelle situazioni che vedevano i marittimi impegnare i turni di guardia subito dopo le operazioni di carico/scarico della nave, e quindi non sufficientemente riposati per poter affrontare compiti di sicurezza. Ricordiamo la lunga serie di disastri marittimi dovuti all’ errore umano figlio della stanchezza. Uno fra tutti quello della Exxon Valdez nel marzo del 1989.
Da un’attenta lettura degli enunciati delle varie ILO 2006-DLGS 108/05 etc. si parla di
a) “limiti dell’orario di lavoro” , quindi di eccezioni non regole.
b) “periodo di 24 ore / di sette giorni, dove “periodo” è da intendersi relativamente a qualsiasi punto di partenza del quadro orario ( ad es le 12:00 o le 18:00) e andando in avanti o a ritroso di 24 ore o sette giorni deve sempre trovare conferma quanto esprime la legge. Faccio un esempio, “ un marittimo che svolge il suo turno dalle 12:00 alle 24:00 del giorno 1 aprile in teoria potrebbe lavorare anche un’ altro turno dalle 00:00 alle 12:00 del successivo 2 aprile, così non è in quanto nel periodo di 24 ore che va dalle 12:00 del 1° aprile alle 12:00 del 2 aprile , il lavoratore non usufruisce delle 10 ore minime di riposo anzi non ne fa alcuna. Così se prendiamo il periodo dalle 13:00 alle 13:00, il marittimo riposa solo per un’ora (dalle 12:00 alle 13:00 del 2 aprile) e cosi via. In questo senso vi è ampia documentazione su internet di prescrizioni all’orario di lavoro emanate dalle varie P.S.C.[1] di tutti i continenti.
E in modo correlato a quanto espresso al punto” “b”, vi è la grande anomalia matematica che stride con i limiti imposti al massimo lavoro e minimo riposo; infatti, essendo la settimana di sette giorni quindi 7 x 24= 168 ore si determinano 96 ore di riposo ( 168 ore settimanali – 72 ore di lavoro massimo nel periodo di sette giorni) quindi più delle 77 ore di riposo previste dalla normativa. Di contro 168 – 77 ore minime di riposo in sette giorni = 91 ore di lavoro Quindi i limiti dell’ orario di lavoro/riposo, quali sono 96/91 o 72/77 ??????
A tutto questo va aggiunto che l “ovvero” permette al datore di lavoro di scegliere a propria scelta fra l’ utilizzare come riferimento o il periodo massimo di lavoro settimanale o il periodo minimo di riposo settimanale. Ed è in questa incertezza che offre la normativa vigente uno dei punti della vertenza/scontro in atto nel Golfo di Napoli e altrove. Per la sicurezza si dovrebbe utilizzare il periodo più favorevole al lavoratore e quindi quello sul periodo massimo di lavoro settimanale ( max 72 ore); invece si utilizza perché più produttivo per gli interessi armatoriali il periodo minimo di riposo settimanale ( min. 77 ore di riposo) che consente l’ impiego del lavoratore per 91 ore alla settimana e anche più, in considerazione di quanto previsto dal DLGS 71/15 di recente emissione.
Ci si domanda inoltre, è possibile che il lavoratore marittimo debba lavorare più del doppio di un lavoratore di terra ( 40 ore settimanali) ? La risposta è sicuramente no!
(°) per la Segreteria Tecnica dell’Autmare
[1] “ Il Port State Control è l’attività ispettiva delle navi straniere da parte dell’Autorità dello Stato del porto atta a garantire che la nave che scala un porto in navigazione internazionale non sia in condizioni sub-standard rispetto alle Convenzioni Internazionali che regolano la sicurezza della navigazione, costituendo un pericolo per la vita umana in mare e per l’ambiente”.