Ci hanno lavorato per mesi e mesi. Neanche avessero dovuto tirar su la piramide di Cheope. Un cantiere che sembrava non chiudersi mai, anche perché andava decisamente a rilento, che però non è né un’eccezione né una novità a Ischia, dove si tratta di un andazzo consolidato. Ma dopo tanto tempo e tanto lavoro, era lecito aspettarsi che fosse stata sfruttata l’occasione per sistemare la questione dell’illuminazione pubblica. Perché in via Foschini da oltre due anni coesistono due impianti di illuminazione pubblica, di cui uno – quello vecchio – funzionante, mentre l’altro – quello nuovo – in funzione non c’è mai entrato. E neanche adesso, a cantiere chiuso, ci entrerà.
Due impianti, doppia dose di lampioni, per avere una illuminazione di luce bianca scadente e insufficiente con i lampioni vecchi e arrugginiti. Quelli che avrebbero dovuto essere rimossi, con la contemporanea attivazione dei pali installati in prosecuzione del restyling dei punti luce verificatosi sulla contigua via Michele Mazzella, dove furono subito accesi previa la rimozione dei preesistenti. Ciò che inspiegabilmente non si fece allora e che, ancora più incomprensibilmente, non si è fatto neppure adesso. E con il rifacimento del manto d’asfalto è stata sigillata di fatto la doppia, INUTILE E RIDICOLA palificazione.
Ma come, si apre la strada per realizzare l’impianto fognario, la si tiene sventrata per mesi, si risistema il muro divisorio con le proprietà confinanti, nell’ultimo tratto si elimina uno sperone di roccia lavica, allargando la sede stradale e ricavandovi nuovi spazi di sosta, e non si completa l’opera sistemando anche l’impianto elettrico? Ma se non si è riusciti neppure stavolta ad eliminare i pali rugginosi, per lasciare il campo al nuovo impianto, come si può pensare che lo si possa fare in seguito? Con quale criterio e logica si è richiuso lo scavo lasciando intatta quella bruttura, che è anche un controsenso?
Si sa, il “made in Ischia” non risponde a regole logiche, ma il caso di via Foschini è spiazzante pure partendo da quella premessa. E non si può fare a meno di chiedersi dove siano la regola d’arte in quell’opera e la cura del buon padre di famiglia del patrimonio pubblico, da parte di chi è chiamato istituzionalmente a garantirla. Ma gli artefici di questo sconcio, chi avrebbe dovuto controllare e guidare i lavori, pure a casa loro gestiscono in modo tanto inefficiente e discutibile le situazioni? Mah!
Senza dimenticare, inoltre, che i nuovi pali sono costati soldi ai contribuenti: ma per farne che, se non vengono utilizzati? Cosa si aspetta, che sia la ruggine a mettere ordine, facendo venir giù i pali obsoleti e lasciando in piedi gli altri, in attesa che vengano attivati? E questo modo senza criterio di decidere e operare non è anche uno spreco di denaro pubblico con impianti non utilizzati, lavori di installazione inutili e opere lasciate a metà? E chi paga per questi errori, sviste, assurdità?